La Repubblica Popolare Autonoma di Giffoni Sei Casali.
Gerardo Marotta è il nuovo sindaco di Giffoni Sei Casali.
E’ mancato poco perchè ad Antonio Cesaro e alla sua civica “Insieme per Giffoni Sei Casali” riuscisse il “colpo grosso” di battere la lista del sindaco uscente Rosario D’Acunto. Soltanto 474 voti hanno diviso il raggruppamento di Cesaro dall’altro candidato sindaco, Gerardo Marotta, che è il nuovo primo cittadino di Giffoni Sei Casali. Ha ottenuto 1.847 voti pari al 57,3 per cento contro i 1.373 voti pari al 42,6 per cento di Antonio Cesaro. Una vittoria, tutto sommato, sofferta. Malgrado, i trionfalistici proclami della vigilia. Sarebbe stato sufficiente che la classe dirigente del picentino, che pure è stata criticata con polemiche gratuite e volgari, sposasse almeno la linea del “né aderire né sabotare” che sembrava prevalere in prima istanza perché si potesse rovesciare l’esito del voto. E’ mancato quell’atto di potenza e coraggio su cui faceva affidamento, ad esempio, il diessino Pippo Carmando, assessore alla comunità montana, tenuto sulla corda furbescamente da D’Acunto fino all’ultimo giorno utile per un posto in lista. Carmando è stato rieletto, ma è una magra consolazione. La strategia di tenere tutti nel calderone, che assomiglia sempre più a un guazzabuglio, incapaci e meritevoli, umili e orgogliosi (sic) e di piazzare un’altra bandierina diessina o presunta tale, sul municipio di Sei Casali, conservando lo status quo alla Comunità montana ricorda l’esercizio in voga durante la guerra fredda quando si faceva la conta di quanti carri armati avesse in dotazione l’Unione Sovietica. Carri armati di cartapesta, più probabilmente fucili puntati alla schiena, come hanno dimostrato le ultime elezioni regionali. A quando la prossima pugnalata? Una candidatura unitaria del centro-sinistra alternativo, con candidati più popolari e un leader più autorevole avrebbe portato senza dubbio a un esito positivo. Se quello che è stato fatto o meglio quello che non si è voluto fare doveva servire ad appianare i contrasti, non ha raggiunto lo scopo e non renderà i toni meno aspri. Alla comunità montana già si aggira lo spettro dei guastatori per conto terzi. In politica non dovrebbe esserci spazio per i sentimenti e il futuro ci dirà se questa linea avrà pagato, se era giusta, o soltanto conveniente, se è stato “un importante risultato” o sarebbe stato necessario seppellire anni di becero campanilismo fondato sul nulla, che ricalca stili e metodi del paesino di provincia. Occorre naturalmente accettare il responso democratico delle urne. Chi è causa del suo mal pianga anzitutto se stesso. Qualcuno idiota del circondario sperava sull’iniziativa esterna come ai tempi delle sette Filippo Buonarroti confidava nell’iniziativa rivoluzionaria della Francia. Ma oggi non esistono più valori o idealità da difendere, ma clientele, conflitti di interesse e assetti di potere da lasciare in eredità. Per sovvertire i pronostici, ci voleva ben altro che una lista costruita in zona cesarini, con la defezione (grave) di Ugo Russo, con qualche personaggio che ha convissuto fino all’altro ieri con il vecchio regime senza battere ciglio e che ha dato vita a una campagna elettorale generica “su tutto”, sterile ed inefficace. Ha vinto il giovane Gerardo Marotta, il futuro è nel passato e nella tradizione, un fedele scudiero di D’Acunto, che ha evitato in tutti i modi il confronto pubblico con Cesaro. Lo giudicheremo, comunque, dai fatti, senza pregiudizi.
E’ stato un duro confronto, nel paese si è respirata un’aria pesante fatta di insinuazioni, minacce di querele e offese alla dignità dei protagonisti. Non abbiamo ascoltato niente di nuovo o d'originale, se non una sequela di banalità e di principi: democrazia, partecipazione, sviluppo turistico, agricoltura sostenibile, i casali in fiori e i fiori nei casali, i lampioni e le sculture post-moderne insieme allo scandalo della riforestazione, agitata in modo elementare, la favola di Sieti Paese Albergo, dove tutto scorre secondo ritmi armoniosi e i cittadini sono prossimi al benessere e alla felicità. Sieti, infatti, negli ultimi dieci anni ha più che triplicato la sua popolazione. Dai circa 500 abitanti del 1970, è passato agli oltre 1.500 di oggi. Da allora è stato un continuo fiorire di villini, palazzi privati ristrutturati, ventimila vani costruiti, una scuola media ed una elementare, un centro commerciale, addirittura un ospedale (l’Abate Conforti chiuso al pubblico), negozi e ristoranti, botteghe artigiane e agriturismi e centinaia di posti letto per un soggiorno da favola nel cuore verde dei picentini con degustazione di oli vari, naturalmente a pagamento. Si racconta, ma forse è solo una leggenda metropolitana, che tempo fa gli abitanti di Sieti, aprendo i rubinetti, hanno visto fuoriuscire oro misto ad olio. Lo strano fenomeno, forse effetto della ingente mole di investimenti che ha interessato il borgo, ha suscitato l’invidia, tanto per cambiare, dei comuni limitrofi. Sono attesi prossimamente ben 100.000 italiani che si sono messi in viaggio per osservare da vicino un modello unico e irripetibile di sviluppo locale. Ma rassegnatevi, cari sindaci del comprensorio, il modello purtroppo non è interscambiabile, cioè qui è vietato lo scambio commerciale delle idee. Il casale di Malche (come dicono da queste parti) intanto cresce a dismisura e acquista nuovi abitanti attratti dalla bellezza della “provinciale”. Tutta gente, impiegati, professionisti che lavora o studia a Salerno; a Malche vi si reca solo per dormire. Idem a Sieti, che è un posto dove ci si passa la notte, circondati da una noia mortale. Il classico casale dormitorio. In questa parte dell’isola che non c’è, si può costruire ovunque e tutti possono costruire. Non c’è una piazza, ma spuntano come funghi palazzi a tre o quattro piani, villette extralusso ed anche alberghi sotto sequestro. Pare che la magistratura indaghi su questa colata di cemento che sta distruggendo quello che un tempo era la sua principale fonte di ricchezza: l’agricoltura. Quando si riunisce la commissione edilizia? Ma Sei Casali è una repubblica popolare autonoma i cui leader, punti di riferimento illusorio delle scorie anti-sistema, teorizzano ancora “l’autodeterminazione del popolo” di mazziniana memoria “contro” le interferenze della classe dirigente del picentino che è accettabile quando contribuisce a dirottare fondi pubblici sul paese ma da cui occorre prendere le distanze o le false equidistanze quando si è in prossimità di importanti appuntamenti elettorali. Ma si sa, la gratitudine è un sentimento della vigilia! Di quali colpe concretamente si è macchiato il sindaco uscente, lo hanno compreso però in pochi e in questo consiste la causa principale della sconfitta. Le elezioni non si sono mai vinte/perse con gli sms. Il volontarismo disinteressato di Antonio Landi ed Eustachio Leone che si sono messi con grande umiltà a servizio della lista, insieme a un gruppo di “bravi ragazzi”, non poteva bastare ad intaccare interessi diffusi e dieci anni di governo ininterrotti, basati sulla prospettiva di un miraggio e su un anacronistico isolazionismo.“ Evviva la Repubblica Popolare Autonoma di Giffoni Sei Casali!”.
Walter Brancaccio |