Cenni storici sulla nocciola.
La coltivazione del nocciolo in Campania e, in particolare, nel picentino, vanta origini antichissime. La Campania è indicata come il luogo più antico della corilicoltura italiana. Nocciole del tipo “Tonda ” sono state rinvenute a Pontecagnano (Sa) in una tomba databile all’incirca intorno all’800 a.C. Le nocciole facevano parte del corredo funerario di un uomo, probabilmente un notabile, vissuto nel periodo protoetrusco, caratterizzato dalla facies culturale villanoviana. Nella tomba numero 494 rinvenuta nel sito etrusco di Pontecagnano, l’antica Picentia, nell’urna cineraria erano state deposte delle nocciole che essendo carbonizzate si sono proprio per questo perfettamente conservate. La “sensazionale” scoperta dell’archeologo Gianni Bailo Modesti testimonia come le nocciole fin dai tempi più remoti fossero considerate uno dei simboli della ricchezza produttiva dell’agro picentino e dell’enclave etrusco di Pontecagnano. Gli affreschi delle città di Pompei e di Ercolano raffigurano il frutto nella celebre “Casa dei Cervi”. Il più antico scrittore latino a menzionare questa pianta è Catone (234-149 a.C.) che nel suo Liber de agri cultura - una sorta di guida per la corretta gestione delle aziende agricole - consiglia di piantare in un podere suburbano “nuces, calvas, avellanas, praenestinas et graecas”. Con lo stesso nome di avellane le nocciole sono ricordate successivamente anche da Columella ( I sec. d.C.) nel De re rustica, il più ampio trattato agronomico dell’antichità pervenuto fino a noi e da Plinio il Vecchio (23-79 d.C.) nella sua Naturalis Historia. Non dimentica di menzionare la nocciola neppure Virgilio che ha soggiornato a lungo in Campania: nelle Georgiche (II, 299) fa esplicito riferimento a questa specie che chiama Corylum, termine usato anche da altri autori latini quali lo storico Servio, Apicio, che scrisse il De re coquinaria, opera destinata a cuochi professionisti, e Palladio, autore di un Opus agriculturae dove dispensa precetti e suggerimenti per gli agricoltori. Ma è nel Medioevo che abbiamo le prime notizie certe e documentabili sulla coltivazione specializzata del nocciolo in Campania. Alcuni documenti dell’epoca, infatti, indicano un vademecum per l’impianto e la coltivazione del nocciolo che, anche allora, era propagato per polloni. Era indicata anche la posizione delle piante, distanziate dieci passi l’una dall’altra. La Valle del Picentino e in minore misura la Valle dell’Irno con la fascia pedemontana a ridosso dei centri urbani e poco distante dal mare è l’ambiente ideale per la coltivazione del prelibato frutto che conosce in questo periodo uno sviluppo notevole. In un documento databile nel 826 compare per la prima volta il termine nocilletum e, in un’altra fonte dell' 845, quello di habellanetum. Nel XII secolo il traffico di “nocelle” era particolarmente fiorente nei paesi che lambivano il “mare nostrum” come testimonia l’eminente storico Fernand Braudel analizzando i flussi agroalimentare nel Mediterraneo a testimonianza del posto privilegiato che occupano già all’epoca i prodotti campani evidentemente già noti per la loro intrinseca qualità. Dallo storico giffonese Vincenzo De Caro apprendiamo nei suoi Commentari sopra l’antico e moderno stato di Giffoni (1787), che a Giffoni la “nocella” è diffusa in tutto il territorio e che tale frutto “ verrà sempre ricercato dal nobile e dal plebeo, dai ragazzi e dai vecchi, versi o secco e per vari usi; riscuote poca cultura e viene a fruttificazione in pochi anni; arriva alla maturezza in està, voglio dire in una stagione che la tempesta per lo più sono assopite”. Già nel settecento, quindi, Giffoni e le Colline del Picentino erano considerate la patria del nocciolo e di una varietà particolare la “Tonda”,dalla particolare forma sferica, che ne ha ispirato il nome così come si evince nella monografia di cultivar di nocciuolo redatta dal Ministero dell’Agricoltura e delle Foreste e dall’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura di Roma (1982). Nella varietà di prodotti di altissimo livello qualitativo della Campania le nocciole sono quindi entrate negli usi e costumi della gente diventando elemento caratterizzante del paesaggio agrario del picentino, fin dai tempi più remoti. Il resto è cronaca. La nocciola, intesa come frutto, è il valore aggiunto dell’economia picentina, il marchio Igp ha sancito la sua definitiva consacrazione, anche nel prezzo, rispetto a nocciole di origini incerte o straniere.
A cura dell’Ufficio Stampa
Walter Brancaccio