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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

La crisi del settore castanicolo

La castanicoltura italiana interessa circa 780 mila ettari con 34.160 imprese agricole, che danno occupazione a oltre 100 mila persone. Le perdite di produzione di castagne nella campagna di raccolta 2011 sono arrivate in alcune zone al 90%. Un duro colpo ai programmi di recupero dei castagneti e di rilancio della castanicoltura e della filiera della castagna in aree montane. Come già riportato da Ivo Poli, presidente dell'Associazione Nazionale Città del Castagno, rispetto alla media degli anni precedenti  si è valutata una perdita di oltre il 50%, che in molte aree castanicole sia del Nord che del Sud arriva al 90%. Da una sommaria verifica fatta attraverso gli Enti soci dell'Associazione, è emerso che tutte le Regioni tradizionalmente votate alla castanicoltura sono in difficoltà. In Toscana in particolare è un vero disastro: Mugello e Garfagnana hanno perso il 90% del raccolto, Castelnuovo Val di Cecina il 70% e Monte Amiata il 40% (-70%), anche in Valcamonica (Lombardia) e in Piemonte, -60% in Trentino. Male anche l'Emilia-Romagna: nella Valle del Santerno si è registrata una diminuzione del 70% del raccolto, a Zocca del 60%. Oscillanti i dati provenienti dal Lazio: -85% per Viterbo, -50% per Rieti. I dati provenienti dalle Regioni del Sud vanno un po' meglio: se la Campania segnala -50%, dalla Calabria (Fagnano Castello) viene un calo del 20%. Tuttavia, quest'ultimo dato va considerato tenendo conto che si tratta di un dato parziale, a causa del ritardo della maturazione. Le cause, come riporta l'autore, sono molteplici, anche se le principali sono l’andamento stagionale sfavorevole (con un picco di caldo e siccità tra metà agosto e ottobre) che ha impedito ai frutti di svilupparsi e maturare regolarmente e la crescente presenza del Cinipide Galligeno, in forte aumento in tutta Italia.

Il nemico
L’identikit del Cinipide Galligeno del Castagno
È’ bene ricordare che la castanicoltura era già stata provata pesantemente dal cancro del castagno, una patologia diffusasi dalla seconda guerra mondiale e nel dopoguerra, che inferse colpi gravissimi alla coltura determinandone l'abbandono in molte aree.  Attraverso costosi interventi di potatura e nuovi impianti si era arrivati a interessanti recuperi. Ora un colpo gravissimo: il Cinipide (Dryocosmus kuriphilus Yasumatsu) che è un insetto originario della Cina. È’ un parassita specifico del genere Castanea che purtroppo si adatta bene al castagno europeo (Castanea sativa). Introdotto accidentalmente in Giappone (1941), Corea (1963) e in seguito nel sud-est degli Stati Uniti (1974) ha devastato i castagneti locali, basati prevalentemente sulla coltivazione di varietà giapponesi o cinesi. Nel 2002 è stato segnalato per la prima volta in Europa, in alcuni castagneti del Piemonte (Cuneo); da allora si è diffuso in molte altre regioni italiane e in altri paesi europei, quali Francia, Slovenia e Svizzera. Il Cinipide si riproduce per partenogenesi (non ci sono maschi). Le femmine adulte tramite l'apparato ovidepositore introducono le uova nelle gemme che, con lo sviluppo delle larve, danno luogo alla formazione di una galla (da qui il none di Cinipide galligeno). Attacchi di questo pericoloso parassita possono determinare danni molto gravi, percentualmente elevati, sia per quanto riguarda impianti per la produzione di frutti che di legname. L'attività di questo nemico del castagno determina un notevole calo della fruttificazione (fino al 60-80%), forti riduzioni dell'accrescimento della massa legnosa ed il deperimento delle piante colpite che possono giungere anche alla morte. Il controllo del parassita non è facile specie per quanto riguarda piante di notevoli dimensioni: prevede la raccolta e la distruzione delle galle o delle piante attaccate, da attuarsi in primavera prima dello sfarfallamento delle femmine adulte. Il materiale raccolto deve essere bruciato.

Lotta biologica
Il Torymus può salvare i castagneti
La lotta biologica, attualmente, rappresenta la possibilità migliore per il controllo del Dryocosmus kuriphilus e consiste nell'impiego di uno specifico parassitoide, l'imenottero Torymus sinensis Kamijo originario della Cina. Da esperienze condotte in Giappone l’introduzione di questo insetto ha permesso di limitare i danni in modo apprezzabile portando le percentuali di germogli attaccati a valori modesti e ampiamente al di sotto della soglia di danno economico (30% dei germogli colpiti). Centri di allevamento e moltiplicazione del Torymus sono sorti in diverse regioni. In Lombardia il Torymus è stato rilasciato in aree ristrette, prima in val Seriana e poi - quest'anno - in Val Trompia, Val Brembana, Valle San Martino, Oltrepo Pavese, Triangolo Lariano e Parco Regionale Campo dei Fiori. Considerata la gravità della situazione, è auspicabile che nel 2012 si intervenga in modo ancor più massiccio per favorire la diffusione del parassitoide. Il Mipaaf ha appena approvato lo stralcio del piano di settore castanicolo che prevede il finanziamento dei campi regionali per la moltiplicazione dell’insetto antagonista al cinipide (Torymus sinensis) e delle misure formative collaterali. Nel frattempo sono continuati i lanci del Torymus con buoni risultati di parassitizzazione delle galle che ospitano il cinipide. Purtroppo però siamo ancora lontani dal raggiungere quell’equilibrio biologico che consentirà in futuro di ridurre al minimo il danno e quindi è prevedibile nei prossimi anni una caduta a picco della produzione di castagne e marroni nelle nostre regioni. La situazione descritta crea condizioni molto critiche per le aree interne del nostro territorio. Nelle zone montane, infatti, la castanicoltura rappresenta una delle principali attività economiche ed i riflessi negativi derivanti dallo stato attuale della coltura incidono sulla sopravvivenza delle aziende e, quindi, sull’impiego di manodopera oltre che sull’indotto (industria di lavorazione, trasporti, forniture).Con un tale stato di cose se l’attività economica sarà compromessa, saranno migliaia i posti di lavoro persi nelle aree agricole montane e nell’indotto nei prossimi anni. Bisogna tener ben presente che la coltura del castagno rappresenta una fascia di transizione tra le aree agricole antropizzate e le aree boschive naturali e quindi il suo mantenimento è fondamentale anche per la tutela di tali aree da incendi e dissesto. Non va dimenticato che le attività economiche di montagna sono fondamentali per la salvaguardia e la tutela del territorio, l’abbandono delle zone di montagna potrebbe portare nel tempo a favorire il dissesto idrogeologico per l’assenza di manutenzione con riflessi conseguenti anche sulle sottostanti aree di pianura e ciò, considerato anche le difficoltà in cui versano le Comunità Montane nella nostra regione, fa assumere alla situazione connotati molto preoccupanti se si considera che i cambiamenti climatici creano di fatto, come è successo recentemente in Liguria, condizioni tali che, in mancanza di una accurata gestione tutela e salvaguardia dei bacini montani, possono verificarsi momenti di grave pericolo a carico delle popolazioni residenti nelle aree di naturale recapito dei corsi d'acqua. La situazione va affrontata certamente con interventi immediati ed improcrastinabili che possono articolarsi in azioni di tipo diretto: incrementando la diffusione del parassitoide Torymus e favorendo la sua introduzione nelle aree colpite per contrastare la diffusione del cinipide, ma anche di tipo indiretto: mediante aiuti alle imprese come sgravi fiscali e/o contributivi, interventi di sostegno al reddito, erogazione di aiuti finalizzati alla normale prosecuzione dei lavori agricoli ordinari (come la pulitura dei castagneti e la potatura) per evitare l’abbandono e, di conseguenza, evitare il rischio incendi ed il degrado irreversibile dei soprassuoli.
Gaetano Pascariello
Agronomo-Vicepresidente Cia Salerno

 
 
 
 
 
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