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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Sciopero TIR, per l’agricoltura un colpo micidiale.

Siamo molto preoccupati per le conseguenze dello sciopero dei Tir sull'agricoltura. Il lungo fermo degli autotrasportatori in Sicilia ha già messo in ginocchio l'intera l'economia agricola regionale, con danni per quasi 60 milioni di euro. Ora l'espandersi della protesta in tutt'Italia può davvero dare un colpo mortale al settore primario, già provato dalle misure della manovra che colpiscono gli agricoltori con una sorta di "patrimoniale in campo". Lo afferma la Cia-Confederazione italiana agricoltori, in merito al dilagare della mobilitazione dei Tir. Vogliamo evitare pericolose contrapposizioni tra autotrasportatori e produttori, ma l'agricoltura italiana ha già pagato un conto molto salato per questi giorni di blocco della circolazione - ricorda la Cia-. Gli agricoltori siciliani sono stati costretti a far marcire sui campi tonnellate di prodotti altamente deperibili, come frutta e verdura, oltre a buttare litri e litri di latte fresco andato a male. Se non si ripristina al più presto la normalità nel comparto dell'autotrasporto, la situazione dei produttori non potrà che peggiorare, non riuscendo più a stoccare i prodotti né a consegnare le merci rispettando tempi e contratti di filiera. Per questo, pur comprendendo le ragioni della protesta, riteniamo indispensabile che la vertenza, apertasi subito dopo l'aumento delle accise sui carburanti, trovi al più presto una giusta ricomposizione. D'altra parte -osserva la Cia- sono gli agricoltori a subire per primi gli effetti del "caro-gasolio", necessario non solo per il riscaldamento delle serre ma anche per l'alimentazione dei mezzi meccanici. Insomma, adesso serve senso di responsabilità da parte di tutti. Occorre un pronto chiarimento tra governo e autotrasportatori, così da evitare nuovi problemi non solo al disastrato settore primario -conclude la Cia- ma anche ai consumatori finali, cha a breve potrebbero trovare supermercati vuoti e prezzi alle stelle. A pagare, quindi, sarebbero ancora una volta i più deboli, rappresentanti di quell'economia reale flagellata da una crisi finanziaria di cui non hanno colpe.

 
 
 
 
 
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