Intervista al Presidente del South Land, Silvio Cammarota
Silvio Cammarota, presidente del South Land, l’associazione ambientalista più presente ed attiva nel territorio, lancia un grido d’allarme sulla situazione ecologica del fiume picentino. Essendo un profondo conoscitore dei problemi dei corsi fluviali del salernitano, chi meglio di lui può valutare la qualità del fiume picentino e il suo attuale ecosistema.
Dati alla mano, qual è la situazione del fiume dall’alto corso fino alla foce di Pontecagnano? “Lo stato ecologico del fiume Picentino rispecchia purtroppo il trend già osservato nella maggior parte dei corsi d’acqua italiani. Partendo dalla sorgente, l’ambiente fluviale risulta scarsamente alterato con presenza di fenomeni di antropizzazione localizzati e complessivamente poco significativi. La situazione muta radicalmente non appena il fiume incontra i primi centri abitati, come Giffoni Valle Piana o Giffoni Sei Casali, perché aumenta il numero degli scarichi urbani e soprattutto le opere di artificializzazione spondale, che compromettono in molti tratti la funzionalità fluviale. A questo va aggiunta la quasi totale assenza di vegetazione riparia, che nel corso degli anni è stata sradicata per fare spazio alle colture agricole, con danni enormi per la tenuta degli argini e la conservazione degli habitat naturali rappresentati dai boschi igrofili. Più a valle, già alle porte dell’abitato di Pontecagnano, lo stato ecologico precipita a causa dell’acuirsi delle criticità summenzionate, in particolare a causa degli scarichi sia urbani sia industriali, fino a giungere a poche centinaia di metri dalla foce, punto in cui il depuratore della città di Salerno riversa nel Picentino i propri reflui scarsamente depurati inquinando pesantemente l’ambiente costiero”.
Quali sono gli interventi più urgenti da attuare per il suo risanamento?
“Basterebbe poco in teoria per favorire un netto processo di miglioramento dello stato ecologico del Picentino. Infatti, i punti nevralgici, sono costituiti dagli scarichi e dal grado di naturalità della fascia ripariale. Quindi, ridurre drasticamente il flusso dei reflui e rinaturalizzare gli habitat spondali, favorendo la crescita delle essenze arboree autoctone, servirebbe a dare nuova vita a questo fiume ricco di potenzialità naturalistiche, non solo per la fauna ittica, ma anche per uccelli, anfibi e rettili”.
C’è differenza tra la qualità di trote presente nel fiume di oggi e di una volta? “A questa domanda devo rispondere mestamente di si. La differenza dipende dal fatto che per decenni sono stati eseguiti dei ripopolamenti di salmonidi di dubbia provenienza, senza cioè tener conto delle popolazioni autoctone preesistenti. Questo ha prodotto un inquinamento genetico cronico tanto che oggi risulta praticamente impossibile ritrovare esemplari che siano geneticamente puri ed appartenenti al ceppo mediterraneo di trota fario (Salmo trutta fario)”.
Che tipo di ripopolamento occorre fare per preservare la popolazione ittica autoctona compromessa dal degrado ambientale? “L’idea che speriamo di concretizzare, sinteticamente prevede prima una ricerca, nell’ambito del corso d’acqua interessato, di esemplari che abbiano conservato un buon livello di purezza genetica (le verifiche saranno effettuate mediante analisi mitocondriale) e successivamente la realizzazione di un incubatoio di valle per la riproduzione in cattività di questo ceppo selezionato. In questo modo sarà possibile produrre materiale di qualità da reintrodurre in ambiente naturale. L’obiettivo è quello di sostenere i processi naturali, in quanto, ripopolando con esemplari adattati alle condizioni ambientali, poiché selezionati dai processi evolutivi, si faciliterebbe il ricostituirsi di una popolazione ben strutturata e assolutamente un grado di riprodursi ed auto sostenersi”.
Walter Brancaccio 28-12-2009 |