Il “Comitato Acqua Pubblica Salerno”propone una delibera per modificare lo Statuto Comunale.
Premesso che
L’acqua è fonte di vita. Senza acqua non c’è vita. L’acqua costituisce pertanto un bene comune dell’umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: dunque l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.
Oggi sulla Terra più di un miliardo e trecento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Si prevede che nel giro di pochi anni tale numero raggiunga i tre miliardi.
Dalla disponibilità del bene Acqua dipende sia il futuro di tutti gli esseri viventi che una pacifica convivenza tra le Genti che popolano la Terra.
Gli effetti della messa sul mercato dell’acqua dimostrano come solo una proprietà pubblica e un governo pubblico e partecipato dalle comunità locali possano garantire la tutela della risorsa, il diritto e l’accesso all’acqua per tutti e la sua conservazione per le generazioni future.
L’accesso all’acqua, già alla luce del nuovo quadro legislativo e sempre più in prospettiva, se non affrontato democraticamente e secondo principi di equità, giustizia e rispetto per l’ambiente, rappresenta:
una causa scatenate tensioni e conflitti all’interno della Comunità internazionale;
una vera emergenza democratica ed un terreno obbligato per autentici percorsi di pace sia a livello territoriale che a livello nazionale ed internazionale;
Si sta ormai largamente diffondendo la consapevolezza delle popolazioni riguardo alla necessità di non mercificare il bene comune acqua e non esiste quasi più territorio che non sia attraversato da vertenze per l'acqua. Le lotte per il riconoscimento e la difesa dell'acqua come bene comune hanno acquisito in questi anni una rilevanza e una diffusione senza precedenti. Sono state il motore di cambiamenti sociali e politici epocali in un continente come l'America Latina (basti pensare alla Bolivia che oggi, primo Paese al mondo, ha un Ministro per l'Acqua o all'Uruguay che ha deciso, attraverso referendum, di inserire l'acqua come diritto umano e bene comune nella Costituzione). Anche in Europa, a partire dai nostri vicini d'oltralpe, progredisce rapidamente il processo di ripubblicizzazione del servizio idrico, avviato dal Comune di Grenoble nel marzo del 2000 e giunto ora alla capitale: il Comune di Parigi sta riprendendo la gestione diretta del servizio idrico alla scadenza ormai prossima della concessione alle società Veolia e Suez [Le Monde Diplomatique, novembre 2008].
Anche nel nostro Paese l'importanza della questione acqua ha raggiunto nel tempo una forte consapevolezza sociale ed una capillare diffusione territoriale, aggregando culture ed esperienze differenti e facendo divenire la battaglia per l'acqua il paradigma di un altro modello di società. E' un percorso che parte dal 2003, dichiarato dall'ONU Anno mondiale dell'acqua, quando si tenne a Firenze il Forum Mondiale Alternativo dell'Acqua che, ispirandosi al concetto di acqua come bene comune necessario alla vita, bocciò le politiche fondate sulla trasformazione dell'acqua in merce, respinse l'introduzione del cosiddetto "partenariato pubblico-privato", chiedendo invece con forza la proprietà e la gestione pubblica come garanzia di libero accesso per tutti. E’ attualmente all'ordine del giorno delle competenti Commissioni parlamentari la proposta di legge nazionale di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell'acqua. La presente proposta di deliberazione si colloca nel quadro dei principi di quella proposta di testo legislativo e ne proietta i contenuti a livello territoriale. Si propone infatti di inserire nello Statuto della Città un integrazione agli articoli 1 e 110 con l’inserimento di alcuni commi appositi a tutela della risorsa acqua, a garanzia della sua proprietà e gestione pubblica, come premessa ad un potenziale modello gestionale di diritto pubblico e basato sulla democrazia partecipativa. Si tratta quindi di una svolta radicale rispetto alle politiche, trasversalmente condivise negli ultimi vent'anni, che hanno considerato l'acqua una merce e fatto del mercato il punto di riferimento per la sua gestione. Solo un'informazione lacunosa, incompleta o di parte, peraltro analoga a quella che vi è stata per altri settori privatizzati, è riuscita finora a nascondere il totale fallimento degli obiettivi promessi da una martellante campagna di promozione comunicativa in ordine ai benefici della privatizzazione e del cosiddetto partenariato pubblico-privato: i cui vantaggi tanto sbandierati - maggiore qualità, maggiore economicità, maggiori investimenti - alla prova dei fatti si sono rivelati totalmente inconsistenti. Piuttosto si sono creati effetti quali: degrado e spreco della risorsa, precarizzazione del lavoro, peggioramento della qualità del servizio e dei rapporti con l'utenza, aumento delle tariffe, stasi o riduzione degli investimenti, diseconomicità di molte gestioni, espropriazione dei saperi collettivi, mancanza di trasparenza e di democrazia.
Solo un'informazione ideologizzata e fuorviante è riuscita a far credere che la privatizzazione dell'acqua sia imposta dal Trattato UE e dalle direttive europee. La verità è che l'Unione Europea, come ribadito ancora recentemente dalla Commissione al Parlamento Europeo, riconosce che "le autorità pubbliche competenti (Stato, Regioni, Comuni) sono libere di decidere se fornire in prima persona un servizio di interesse generale o se affidare tale compito a un altro ente (pubblico o privato)" [Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo COM(2004) 374].
L'articolo 14 del Trattato UE, tanto invocato a sostegno delle privatizzazioni, nulla dice in proposito [Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C 115, 9 maggio 2008, pag. 54]. Viene ripreso nel Protocollo n.26 [Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea C 115, 9 maggio 2008, pag. 308] facente parte integrante del Trattato di Lisbona - che non è entrato in vigore in seguito alla vittoria del No nel referendum irlandese [nel Referendum, svoltosi in Irlanda il 12 giugno 2008 i No ottennero il 53,4% dei voti] - ma solo per introdurre la distinzione tra servizi di interesse economico generale (articolo 1) e servizi di interesse generale non economico (articolo 2) senza peraltro entrare nel merito di quali servizi appartengano al primo o al secondo gruppo. Finora è stata la Corte Europea di Giustizia a stabilire di volta in volta la linea di demarcazione tra attività economiche di servizio e servizi non economici. Essa ammette che un servizio non abbia carattere economico quando corrisponde ad una missione di un'istituzione pubblica ed è finanziato prevalentemente da fondi pubblici. Il concetto è ripreso con chiarezza nella recente sentenza sul caso "Brutélé": "Si riconosce, infatti, che un'autorità pubblica ha la possibilità di adempiere ai compiti di interesse pubblico ad essa incombenti mediante propri strumenti, amministrativi, tecnici e di altro tipo, senza essere obbligata a far ricorso ad entità esterne non appartenenti ai propri servizi (sentenza Stadt Halle e RPL Lochau, cit., punto 48)" [Sentenza Corte Europea di Giustizia: C-324-08 del 13 novembre 2008, punto 48].
Da parte sua il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro), nel documento "Tutela delle risorse idriche" approvato nell'Assemblea plenaria del 5 giugno 2008, afferma nell'introduzione che: "L'acqua non è un prodotto commerciale al pari degli altri, bensì un patrimonio che va protetto, difeso e trattato come tale" e più specificamente al capitolo 3.12. (Il gestore del servizio idrico), scrive testualmente: "I soggetti gestori delle grandi adduzioni e trasferimento d'acqua è opportuno che vengano configurati, per la natura stessa dei loro compiti istituzionali, come Enti Pubblici … omissis … In questo quadro, per il fatto di essere risorsa indispensabile alla vita, limitata in natura e per la quale va garantita l'accessibilità in termini universali, l'acqua va considerata come bene comune "fondamentale" e, dunque, di proprietà e gestione pubblica, al pari della salute, istruzione e sicurezza … omissis … In questo quadro è opportuno che, fermo restando il carattere pubblico del servizio ed il regime demaniale delle reti idriche, la decisione relativa alla tipologia di questo soggetto rimanga nella piena titolarità degli EELL, costituiti nell'assemblea di ATO, assumendo i criteri basilari della necessaria crescita dimensionale delle aziende ed il loro radicamento nelle realtà territoriali e nelle comunità locali." [CNEL, Osservazioni e Proposte su "Tutela delle risorse idriche", approvato dall’Assemblea plenaria del 5 giugno 2008].
La decisione del Governo italiano, tradotta nell'articolo 23 bis della Legge 133/2008, di imporre sostanzialmente agli Enti Locali di mettere sul mercato i loro Servizi Pubblici - acqua compresa - ignora quindi le opzioni offerte dalla normativa UE in materia di Servizi Pubblici Locali, la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea e l'autorevole parere del CNEL per quanto riguarda l'acqua in particolare. Inoltre, tale scelta invade e annulla le specifiche competenze in materia attribuite dall'articolo 117 della Costituzione alle Autonomie Locali, tanto che alcune Regioni, tra cui il Piemonte, hanno già presentato ricorso per incostituzionalità dell'articolo 23 bis in questione.
In presenza di questi tentativi di privatizzare un bene essenziale come l'acqua, la nostra Città può dichiarare formalmente nella sua Carta fondamentale che tale bene, essenziale per la vita e perciò di inestimabile valore per gli esseri umani, la natura e l'ambiente, non è una merce e non è soggetto alle regole del mercato.
Affermare questo principio nello Statuto della Città [come hanno fatto altri enti come le Regioni Valle d’Aosta e Puglia, la Provincia di Gorizia, i Comuni di Venezia, Ferrara, Torino e molti altri] sarebbe un atto di coerenza con principi in vigore nell'UE e largamente condivisi dai Salernitani, per i quali l'acqua è un bene comune non mercificabile e si devono mantenere in mano pubblica sia la proprietà delle reti, sia la gestione del servizio idrico integrato.
Considerando che
Con due successive comunicazioni protocollate in data 6/10/2009 e 30/04/2010 è stata inoltrata al Comune di Salerno, da parte del “Comitato Acqua Pubblica Salerno”, richiesta di modifica dello Statuto Comunale al fine di considerare l’acqua come un bene comune non avente rilevanza economica ed allegando alla richiesta la sottoscrizione di 2060 cittadini salernitani.
Tutto ciò premesso e nell'intento di far sì che tale cultura diventi politica concreta ed esperienza consolidata, i sottoscritti consiglieri hanno deciso di ideare e di fornire all'Amministrazione Comunale lo strumento normativo che affermi il quadro della svolta auspicata.
In tal senso si propone la presente proposta di deliberazione con la quale si richiede di:
1) integrare l’articolo 1 del testo dello Statuto Comunale con l’inserimento del comma 3 (dopo “…i caratteri distintivi” e prima di “L’azione del Comune…”) la cui dicitura cita:
riconosce il diritto umano all'acqua, ossia l’accesso all’acqua come diritto umano, universale, indivisibile, inalienabile e lo status dell’acqua come bene comune pubblico.
2) integrare l’articolo 82 del testo dello Statuto Comunale con l’inserimento del comma 2 e del comma 3 (dopo “…generali di efficienza” e prima di “I servizi la cui gestione…”) la cui dicitura cita:
Il Comune conferma il principio della proprietà e gestione pubblica del servizio idrico integrato e che tutte le acque, superficiali e sotterranee, anche se non estratte dal sottosuolo, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da utilizzare secondo criteri di solidarietà e rispetto degli equilibri ecologici.
Il Comune riconosce che la gestione del servizio idrico integrato è un servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, in quanto servizio pubblico essenziale di interesse generale per garantire l’accesso all’acqua per tutti e pari dignità umana a tutti i cittadini, pertanto non soggetto alla disciplina della concorrenza, e quindi la cui gestione va attuata attraverso gli Artt. 31 e 114 del D.Lgs n. 267/2000 con meccanismi che garantiscano la partecipazione sociale. Il Comune assicura ai propri abitanti, attraverso strumenti compatibili con la normativa vigente, il diritto alla disponibilità di un quantitativo minimo vitale giornaliero per persona.
3) impegnare il Sindaco e la Giunta a proporre al Consiglio Comunale, le modifiche ai regolamenti che risultassero in contrasto con la presente modificazione statutaria.
5 giugno 2010
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