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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Report dal Libano di Farshid Nourai.

Siamo a Beddawi, il campo situato vicino a Tripoli. E’ uno dei 12 campi profughi palestinesi in cui vivono più di 12000 rifugiati dal 1948. Le strade sono affollatissime, si fatica a camminare tra la folla e la lunga coda dei camion supercarichi. Non è una giornata di festa, non è in corso una manifestazione, da qualche giorno il campo vive un evento straordinario: 3600 famiglie, circa 15000 persone residenti nell’altro campo vicino, Nahr al- Bared, 40.000 abitanti, si sono trasferiti qui, scappati dal fuoco incrociato tra l’esercito e la fazione ultra fondamentalista di Fatah al –Islam. Così il campo è caduto in una vera situazione d’emergenza. La situazione è di estrema gravità, le condizioni del campo, già precarie di per sé, sono peggiorate in maniera sensibile. Se non fosse per la grande solidarietà, che ha sempre caratterizzato il popolo palestinese durante i momenti difficili della sua storia, gli sfollati non avrebbero trovato dove andare. Si sono aperte tutte le case e tutte le strutture disponibili: scuole, moschee, costruzioni ancora non finite e ogni altra cosa che si poteva usare per offrire un tetto. La vita quotidiana si è stravolta di colpo.
I bambini corrono, arrampicandosi dovunque, senza un attimo di pace. La mancanza di spazio vitale è evidente. Le madri lavorano intensamente, pregando. Gli uomini, nervosi, impazienti e impotenti, cercano di capire come possono venire fuori da questa matassa. Le strutture sanitarie, già insufficienti, sono affollatissime. I 5 medici dell’ospedale della UNRWA lavorano senza sosta. La dottoressa Maliki ci liquida frettolosamente, sorridendo, non sono questi tempi per le chiacchiere, i pazienti aspettano. Issa Hamdan, il responsabile del comitato d’emergenza del campo sorride amaramente: sembra una cospirazione contro noi palestinesi, fissa il quadro della spianata della moschea di Gerusalemme, alza la voce: nessuno, di questa gente, ha avuto il tempo sufficiente per portare con sé lo stretto necessario. Mancano vestiti, coperte, latte, medicinali, antibiotici, pannolini e altre mille cose; facciamo tutto ciò che è nelle nostre possibilità, ed è poco, con i mezzi a disposizione, ma non basta. Gli chiediamo che cosa sta facendo l’UNRWA, l’agenzia dell’Onu che deve assistere i profughi. La risposta è secca e sorprendente: Statistica! Stanno registrando il numero delle persone. Siamo increduli, dopo 5 giorni dall’inizio dello stato di emergenza!!! Issa sorride: No, non solo statistica, oggi sono arrivati i materassi. Allora come vive questa gente? Da chi è stata assistita? Issa ci prende per mano, conducendoci nelle stradine del campo. Entriamo in una moschea: i rifiuti giacciono vicino all’ingresso dove giocano una trentina di bambini di varie età. L’interno è stato organizzato come un dormitorio. Da una parte sono ammassati disordinatamente vari oggetti, le madri accudiscono i neonati. Entriamo nella scuola dell’UNRWA, nell’aula B/1 dormono 36 famiglie. Increduli ci facciamo ripetere il numero. I volontari distribuiscono le razioni di cibo confezionato in buste. Sono gli aiuti umanitari inviati da: Qatar, Emirati Arabi e Consiglio Supremo Islamico. Tutto sembra surreale. Le foto storiche di grandi esodi riprendono vita in un piccolo campo senza tempo.
Incontro Khaled Yamani, il responsabile del Centro per giovani del campo, mi fissa negli occhi: Non abbiamo bisogno di cibo o altro, stanno arrivando dai paesi arabi. Abbiamo bisogno del vostro appoggio politico.
Rimangono ancora migliaia di persone nel campo Nahr al-Bared, quasi la metà della popolazione. Il governo libanese,che ha ricevuto dagli americani nuove armi per il combattimento notturno, promette ferro e fuoco contro le milizie di Fatah al- Islam e, queste ultime, minacciano di compiere azioni terroristiche attraverso le loro cellule dormienti in tutto il Libano. Ma chi sono questi Fatah al-Islam?Quanti sono? Che vogliono? Sono arrivati, qualche mese fa qui nel campo di Beddawi, solo pochi di loro sono palestinesi della Giordania. Noi non li abbiamo accolti, si sono spostati tra il mare e il campo Nahr al-Bared, sono 180 persone, ci risponde Issa. E dopo, fa un lungo ragionamento che ha il significato di una congiura contro i palestinesi. E’ paradossale che nessuno sembri considerare fino in fondo il grave rischio che corrono i civili palestinesi intrappolati nel campo Nahr al-Bared .Per il momento, a parte dichiarazioni timide, la comunità internazionale sta a guardare. I governi si lavano le mani, affidando l’assistenza degli sfollati, alle agenzie delle Nazioni Unite. Sembra che nessuno si accorga che sul resto della popolazione del campo Nahr al-Bared  incombe una tragedia. Oltre gli aiuti umanitari, occorre una azione politica che fermi questa follia che sta mettendo in grave rischio l’incolumità di migliaia di civili inermi. Bisogna fermarli, prima che piangiamo un’altra carneficina di innocenti.   
Più di 5.000 palestinesi rimangono ostaggio del fuoco dell’esercito libanese e delle milizie della fazione Fatah al-Islam nel campo di Nahr al-Bared,vicino a Tripoli. Il cielo di Nahr al-Bared si è accesso da ieri notte di spari incrociati. Arriviamo sul luogo alle 11,00 di stamattina. E’ assordante il rumore dell’artiglieria pesante. L’esercito libanese spara dall’autostrada che domina il campo dalla parte orientale, dove è situato l’ingresso principale del campo. Sembra che i soldati libanesi abbiano ricevuto l’ordine di invadere il campo, malgrado gli accordi del 1969. Sono assediati anche altri due ingressi, sud e nord. E’ sparita la fila dei camion di aiuti umanitari,in attesa di poter assistere la popolazione civile e che da giorni stazionava all’ingresso sud del campo. Da ieri sera a mezza notte è stato proibito l’ingresso nel campo alla Mezzaluna rossa libanese. Il campo è stato totalmente assediato tra l’esercito e il mare. Non ci sono notizie esatte riguardo ai numeri delle vittime. Si vedono solo enormi colonne di fumo che si alzano lentamente al cielo dall’interno del campo. I palestinesi parlano di vittime civili intrappolate sotto le macerie. Intere famiglie avevano rifiutato l’evacuazione:profughi dal 1948,che temono di non poter tornare a quel poco che hanno creato in questi anni. Il conflitto ha già provocato 80 morti, 35 soldati, 25 miliziani e 20 civili. Secondo Unrwa sono state distrutte o danneggiate circa 20.000 case nel campo. Più di 25.000 profughi palestinesi di questo campo sono scappati raggiungendone altri in Libano e creando una vera crisi umanitaria. E incredibile il destino dei palestinesi di non trovare pace e sicurezza neanche sulla terra di un paese  amico. Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite passa la risoluzione scontatissima, per l’istituzione del tribunale speciale per gli esecutori e i mandanti dell’assassinio dell’ex premier libanese Rafik Hariri …Le città più importanti del Libano sono assediate dall’esercito. Said Hariri canta vittoria, sinora parla di un risultato positivo per il Libano, mentre esplodeva l’ennesima bomba nel quartiere di Shiyyah a Beirut. Tutti gli avversari politici richiamano i loro sostenitori alla calma. Il dibattito politico è accesissimo. Incontri di alto livello si susseguono ininterrottamente per una soluzione politica che non arriva e, in realtà, nessuno ci crede fino in fondo. La risoluzione del Consiglio delle Nazioni Unite indica il 10 giugno come termine massimo per la costituzione del tribunale. Se la decisione non viene rispettata dai libanesi,il tribunale verrà costituito all’estero. La risoluzione è considerata, dal partito di Hezbollah,una grave violazione della sovranità libanese. Mahmoud Komati, responsabile dell’ufficio politico del partito, ha dichiarato che il Consiglio di Sicurezza considera il Libano senza istituzioni costituzionali. Sono mesi che la politica libanese è sprofondata in uno stallo. E’ poco credibile pensare che in questi 10 giorni si possa raggiungere un accordo tra vari avversari. Molti osservatori credono probabile l’inizio delle ostilità tra le varie anime libanesi. La priorità assoluta sono i civili palestinesi che in questo memento vivono momenti angoscianti sotto il fuoco incrociato nel campo Nahr al-Bared. Occorre salvaguardare la loro incolumità. L’assalto dell’esercito può causare una vera strage tra i civili.
Associazione per la Pace

 
 
 
 
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