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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Il Brigantaggio salernitano nell’avvincente e felice narrativa di Clodomiro Tarsia In edicola ogni martedì con il Mattino

gaetano manzo

Il Regno delle Due Sicilie si è appena sciolto come neve al sole e già in molti paesi della provincia di Salerno divampano le “reazioni” borbonico-clericali. Trovano sicure basi sui monti e nei boschi le prime bande armate di contadini, che assaltano i paesi, bruciano le carte del catasto, saccheggiano le case dei “galantuomini”, innalzano il vessillo di Francesco II, re in esilio. La prospettiva di una restaurazione borbonica ma più ancora il movente economico-sociale (la mancata risoluzione della questione demaniale) spingono migliaia di contadini e braccianti alla rivolta armata contro il nuovo ordine sociale. Il forte aumento della pressione fiscale e l’introduzione della leva militare obbligatoria contribuirono ad alimentare il risentimento contro il nuovo Stato. Per non andare a fare il soldato, moltissimi giovani della provincia di Salerno si diedero alla campagna, costituendo piccole e medie bande che scorazzavano sui monti contando su una fitta rete di protezioni e di appoggi. La prima guerra civile italiana fu una guerra feroce, senza esclusione di colpi, senza prigionieri. Chi non era fucilato, finiva al domicilio coatto. Dei due eserciti, quello vero, con le divise in ordine e gli ufficiali usciti dalle scuole militari se ne stava di presidio nei paesi, isolato come se fosse nel cuore dell’Africa, fra gente che aveva lingua e costumi incomprensibili e quasi sempre un figlio o un fratello fra le montagne a tenere testa agli “invasori”. L’esercito italiano schierò nel Sud 120.000 uomini. I ribelli meridionali, migliaia i renitenti alla leva o disertori, spesso sobillati dai possidenti e dai nostalgici del vecchio regime, divisi in 488 bande opposero al terrore di Stato, allo stato d’assedio e ai Tribunali militari, una resistenza senza prospettiva e spesso una furia iconoclasta di distruzione e di vendetta. Il brigantaggio in provincia di Salerno potè dirsi definitivamente sconfitto solo con la distruzione della banda Manzo in quel di Flumeri nel 1873. Prima del famoso capobrigante di Acerno, le bande armate di Tardio, Scarapecchia, Gesummaria, Cicco Cianci, Giardullo e Cerino ed altri risoluti capibanda, avevano sconvolto con azioni eclatanti i paesi miserabili del salernitano. Da Centola a Montecorvino Rovella, da Giffoni ad Auletta è tutto uno stillicidio di scontri tra bande e l’esercito, guardie nazionali e carabinieri, di rapine e sequestri contro i ricchi proprietari liberali, di crimini ed eccidi. E’ stato giustamente affermato che “l’orrore, in fondo, dominava il cuore di questi uomini; l’orrore di una quasi certa fine, in combattimento o per tradimento, nella selva o fucilati in piazza”. Tutto questo e molte altre storie del brigantaggio post-unitario, coinvolgenti come un romanzo storico, sono ricostruiti nella vasta ricerca condotta negli Archivi di Stato, nelle Biblioteche, con inchieste direttamente sui luoghi, dal noto ed apprezzato giornalista e scrittore Clodomiro Tarsia, già capo della redazione de il Mattino di Salerno. In 180 pagine, otto fascicoli settimanali distribuiti insieme al Mattino, da martedì 18 ottobre, sessanta foto raccolte da Diana Jablonskaja, “Briganti salernitani” presentato dal direttore Virman Cusenza e dall’autore Clodomiro Tarsia, ci conduce in un avvincente e documentato viaggio dentro il brigantaggio salernitano ed oltre, con i suoi personaggi tragici e romantici, le sue pagine memorabili e gli ultimi episodi di una lotta destinata all’insuccesso. Celebrare degnamente i 150 anni dell’Unità d’Italia significa anche recuperare la memoria dei vinti, tagliati fuori dalla storia, le vicende disperate di uomini e donne che dal 1861 al 1875 seppero dar prova di coraggio in un periodo molto controverso della nostra storia. Chi erano, allora, i “briganti”? “E’gente che ha dovuto lottare”. Parola di Clodomiro Tarsia. Un’ opera divulgativa, di grande interesse storico-culturale, da non perdere per chi vuole comprendere di più la nostra storia. Martedì 25 ottobre il secondo fascicolo con il giornale.

Walter Brancaccio

 
 
 
 
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