Come l’Arte può allargare la coscienza e far stare bene di Alessia e Michela Orlando
Lear: Tu credi gran cosa questa bufera accanita che ci penetra nelle ossa; e lo sarà per te. Ma là dove si è abbarbicata una malattia più grave, la minore è appena sentita. Tu fuggirai un orso, ma se la tua fuga s'imbatte nel mare muggente, ti volgerai a sfidare il dente dell'orso. Quando l'anima è tranquilla, il corpo è sensibile; ma la tempesta che ho nell'animo mi rende sordo a ogni altro senso fuor che al male che mi strazia il cuore.
Re Lear, tragedia in cinque atti di William Shakespeare
La vertigine della visione, filo conduttore di una mostra a Sassoferrato
Abbiamo tentato in vari modi di comprendere.
Molti sono stati gli strumenti utilizzati: da bambine sembrò bastare mettere a forma di elle indice e pollice di entrambe le mani, avvicinarli contrapposti e, in quella cornice a forma di rettangolo, far risaltare parte del panorama visivo.
Crediamo che un esercizio del genere sia stato suggerito tanti anni fa, a Roma, all’allora giovanissimo fotografo Settimio GARITANO dall’immensa fotografa, di origini brasiliane, Elda LUXARDO (madre di Dario e nonna di Asia Argento).
Abbiamo tentato, dunque, in vari modi di comprendere.
Non c’è stato, sin qui, strumento di conoscenza migliore di quello rappresentato dalle varie declinazioni del pensiero artistico. Altrove abbiamo evidenziato che l’artista, mentre qualcuno lo millanta, lo sa davvero fare: egli vede al di là dei muri.
Avremmo dovuto aggiungere che vede anche al di qua, giacché spesso si può intuire cosa ci sia dall’altra parte, mentre le incognite più profonde ci riguardano, sono dentro noi.
Operazione difficile, complessa, un macigno della coscienza l’indagare sé stessa e scendere nel profondo, nel buio che ci pervade, che talvolta lascia libero il mostro che vi si cela. Non crediamo sia un caso che Dario Argento sappia farlo e che non abbia mai avuto problemi ad ammettere l’influenza di personaggi come Hitchcock, che diremmo Maestro dell’indagine interiore piuttosto che del brivido, e Fellini, che non perse mai il rapporto con il bambino che aveva in sé e che seppe usare magistralmente il mondo onirico.
Il tema, questo immenso tema, quello del titolo, si lega a quello della Verità e del percepibile, essendo più agevole declinare il verbo in tal modo che generalizzare. Parlare di percezione in generale, senza mille distinguo, sembrerebbe poter implicare la possibilità di dettare regole, di codificare e immaginare una umanità sintonizzata su lunghezze d’onda comuni.
Non è così.
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