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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
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ReticoloIl picentino: identikit di un fiume di Walter Brancaccio

Un tesoro e un simbolo per l’intero comprensorio .

“ Scorrono per mezzo del paese due vaghi e dilettevoli fiumi che col dolce lor mormorìo invitano i viventi a grati e dilicati sonni, secondo l’attestato del poeta: Molles invitatane murmure somnos. Fiumi in vero che riserbono nel seno famosissime e preggiatissime trotte che nel pescharle e poi magnarle non solo notriscono ottimamente ma son delicatissime al gusto e pretiosissime nelle mense, e con la loro frigidità giovano molto alle febri ardenti.

Lo stato di Giffoni di Riccardo De Martino

Alle sorgenti del fiume picentino
di Walter Brancaccio

Il fiume picentino che “sorge modesto dalle alture giffonesi Quanto ricco d’onor povero d’onde, come lo definì Giustino Fortunato, è un fiume ricco di storia, determinante per le risorse idriche del comprensorio, un ecosistema di grande importanza che andrebbe tutelato per motivi di studio scientifici, per importanza ecologica, educativa ed economica e che rischia da valore aggiunto del territorio di essere completamente dimenticato. Negli ultimi venti anni le vicende di questo corso d’acqua sono state caratterizzate da fenomeni ed interventi alcuni positivi, altri di chiaro segno negativo che hanno provocato un lento, progressivo decadimento quantitativo e qualitativo della fauna ittica e dell’intero ecosistema fluviale. La specie più pregiata di trote, la trota fario autoctona, ormai è un ricordo del passato e nulla più. Verso il fiume c’è oggi un distacco freddo e rassegnato, sembra non appartenere più a questo territorio, quasi corpo estraneo ed anonimo. Malgrado tutto, è un fiume ancora vivo e pulsante, a tratti impetuoso, ma il suo destino appare sempre più dipendente dalla capacità degli enti locali e degli organi di controllo di predisporre urgenti misure di tutela e delle comunità di vivere con esso un rapporto armonico e di rispetto. Il fiume Picentino nasce dalla Montagna. Esiste un rapporto arcaico fra i giffonesi e la Montagna, un rapporto fatto di rispetto e timore, d'amore, mai d’indifferenza.

Identikit di un fiumeLa Montagna è l’Accellica, che s'innalza maestosa e altera, nuda, splendente nella luce secca della zona e con un’aria inquietante nei giorni di nebbia. Racconti fantastici e macabri legati alle leggende locali lungo il crepaccio del “Butto della Neve” dove la neve è sempre di casa anche in estate. La montagna domina tutta la valle, 1660 metri di rocce bianche e grigie, di natura calcarea-dolomitica, un’area di eccellenza naturalistica e di straordinario pregio scientifico, paesaggistico ed ambientale. Due tenaglie di rocce si aprono a forma di V, è il Varco del Paradiso, “che si apre orrido fra una cima e l’altra”. Creste panoramiche, valli suggestive, distese di faggi, sorgenti cristalline, ne fanno uno scenario incantevole e ancora selvaggio. Con lo sguardo, sulla vetta, nelle giornate limpide, si vede il Tirreno, talvolta l’Adriatico. La sua importanza strategica sul piano idrografico per l’Italia Meridionale è nota: dal massiccio del Monte Accellica nascono tre grossi fiumi della Campania: il Calore, il Sabato, il Picentino. Con Silvio Cammarota, il presidente del South Land che ci fa da guida esperta, il Luogotenente dei Carabinieri Giuseppe Voria e un gruppo tutto al femminile, ci inoltriamo in fila indiana, come un gruppo scout, lungo una strada che da Vassi ci porterà alle sorgenti del fiume picentino. Il fiume Picentino, all’origine, è un rivolo d’acqua, che scorga improvviso dalle pendici del monte Accellica nel territorio del comune di Giffoni Valle Piana. Il percorso del fiume, poco tortuoso, è di circa 24 Km, di cui gli ultimi 4Km attraversano il territorio di Giffoni Sei Casali,San Cipriano Picentino e Pontecagnano; il bacino di forma trapezoidale è esteso per circa 165 Kmq e il letto del fiume è largo da 3 a 5 metri ed è costituito da roccia, ghiaia, sabbia e contornato da faggi, ontani, carpini, frassini, aceri. La sorgente principale, “Capo di Fiume”, (638 metri) scaturisce da un laghetto sotterraneo ubicato nella Grotta dello Scalandrone, a 860 metri di quota, in un ambiente naturale rimasto integro ed affascinante. La grotta, meta di visitatori e appassionati speleologici, può essere esplorata solo con grande difficoltà: presenta un piccolo ingresso nella roccia, poi il buio, la cascata e il laghetto con le sue acque limpide e gelide, le stalattiti e gli stalagmiti. Di difficile accesso e decisamente rischioso tentare di inoltrarsi nelle sale superiori. Le caratteristiche geologiche dei Monti Picentini sono favorevoli alla formazione di grandi “ serbatoi sotterranei”di acqua. Le acque piovane penetrando nel terreno circolano in profondità per poi riemergere in superficie. La tipologia di rocce è caratterizzata da rocce permeabili composte di carbonati di calcio e magnesio, cioè i calcari e le dolomie che attraverso fessure abbastanza larghe, consentono una facile infiltrazione dell’acqua che tuttavia può penetrare nel terreno solo fino ad una profondità limitata, perché per effetto della pressione tutti i pori e le fessure ad un certo punto si chiudono, e le rocce si comportano tutte da impermeabili.

E’ il processo che accade nel microcosmo sommerso della grotta. Lo scenario che fa da cornice all’alto corso del fiume, costituisce un ambiente di particolare interesse ecologico. Anche questa parte alta della valle è di facile accesso e si corre in auto fino ai Piani di Giffoni ed oltre; chi ha scritto che le strade di penetrazione in alta montagna sono la loro rovina, forse non aveva tutti i torti; potreste lasciare l’auto alla frazione Vassi e prendere una decisione eroica: fare l’intero tragitto a piedi o in mountain bike, sono circa 12 Km., ma ne vale la pena. Fermarsi nei pressi di una delle tante fontane disseminate lungo il percorso, Fermano, Fontanone, Fontana Allerta, e soggiornare nella accogliente e ristrutturata ex Caserma della Forestale. Ma i nostri escursionisti prendono un sentiero diverso, sulla vecchia strada dei Piani di Giffoni, nella zona ovest, attraversando la Serra Figliolito, che ci conduce dentro una fitta coltre di boschi e corre fino alla grande vasca di carico della centrale idroelettrica dell’Enel ad acqua fluente, costruita nel 1958 ed alimentata dalle acque incanalate a Capo di Fiume, nella valle Vesa, che raccoglie le acque delle sorgenti di Nocelleto, Infrattata, Fricchione e Capo di Fiume. Da qui si diparte la condotta forzata lunga circa 400 metri, con un salto di 190 e 1118 scalini da incubo, che trasporta l’acqua alla centrale. L’effetto è impressionante. Silvio Cammarota un giorno è disceso giù e li ha contati questi piccoli scalini a strapiombo sul nulla. Proseguiamo lungo un sentiero tranquillo, incontriamo un pastore, il Luogotenente Voria s'informa su dove ci sarà l’imminente apparizione dei porcini, un leggero vento che sembra scirocco (o è tramontana?), ci accompagna verso un tornante dove ci coglie impreparati la vista di quintali e quintali di legna che giacciono giù alla rinfusa lungo una ripida scarpata. Non abbiamo dubbi. Il solito business contro la natura, l’ennesimo furto di legname ai danni del patrimoni boschivo sempre attivo tra queste montagne. Una domanda ci assale: come faranno questi delinquenti a trasportare tutta questa legna a valle? Ci vorrebbero dei muli …Si riprende a salire, con un po’ di affanno, lungo uno splendido tratto con staccionata a forma di S che si inerpica su un'altra montagna e che termina nei pressi di un’altra presa d’acqua. Quello che vediamo è un pugno nello stomaco.

Identikit di un fiumeIl normale fluire delle acque sorgive è intercettato bruscamente da questa vasca di raccolta, che preleva le acque ma non le restituisce, impedendo il prestabilito “deflusso minimo vitale” con uno spesso strato di cemento che come un tappo chiude la vita dell’affluente che si ricostruisce da solo con nuove polle sorgive più a valle. Non ci vuole il teleidrometro per misurare l’entità del danno, per capire che siamo di fronte ad un alterazione del quadro ecologico e forse alla distruzione di una nicchia ecologica. Le ricorrenti crisi idriche, le captazioni per usi idropotabili e industriali di quasi tutte le sorgenti principali che alimentano il corso fluviale stanno determinano un preoccupante abbassamento delle falde idriche. Più passa il tempo, più si riduce il deflusso minimo vitale del fiume, un fenomeno che finora è stato praticamente ignorato. Più che il grado di inquinamento, è questa la minaccia che incombe sul fiume e l’allarme dovrebbe essere lanciato con la forza che si dovrebbe. Il picentino è un fiume in riserva. Il suo corso è stato ripetutamente e in più punti imbrigliato, sbarrato e deviato per usi commerciali, irrigui e industriali. Neanche tanto tempo fa in un tratto di Pontecagnano il fiume s'insabbiò e “sparì” a causa delle numerose captazioni abusive presenti lungo il suo corso. Nei pressi della località Vassi il fiume misura 40 cm (massimo 60 cm), presso il ponte di Ornito la profondità media dell’acqua è di 20 cm, massima 1 m., presso Pontecagnano in media 40 cm, massima 70 cm. Prendiamo la zona a nord-ovest, quella che ciondola verso i Monti Licinici e il Varco del Pistone (m.862) da cui origina il torrente Infrattata, lungo 5 Km, il più grande affluente di destra del picentino. Da pendii laterali e da altre valli scendono i torrenti Nocelleto e Fricchione che con l’Infrattata convergono nel torrente Fiumicello, e poi confluiscono a Cocchiature nel neonato picentino. Ormai ci stiamo avvicinando velocemente al clou dell’esplorazione. Aggiriamo il versante nord del Nocelleto con le sue acque cristalline e le cascate, una cornice naturale veramente notevole. Scendiamo da quest'Eden, e infiliamo un sentiero di pietre e sassi che aggira la base del massiccio. Dopo un po’ sbocchiamo in un terrapieno nei pressi dell’abitato di Vassi. L’ambiente circostante è piuttosto sul brutto: degradato da una “baraccopoli” accanto al fiume e da frequenti rifiuti, intrichi di rami e liane e cespugli di rovi nel fiume . “Abbiamo camminato tre ore”, chiosa Luana Fezza, lungo l’alto corso del fiume Picentino. Nel tratto urbano di Vassi il picentino ora scorre tra rive basse, ora povero d’acqua e tranquillo, ora infossato tra i massi, ora ribollente per piccole rapide e per la cascata vicino al vecchio lavatoio pubblico, con i lastroni di pietra, dove si fa ancora il bucato come cento anni fa. L’Aia della Baronessa a Calabranello, l’imponente ponte di Paratino, quasi centenario, alto quindici metri: sotto passa il fiume e sopra la strada per Montecorvino. Le rive di cemento con la distruzione della vegetazione riparia impediscono a molte specie di riprodursi tra terra e acqua e pregiudica la possibilità di nutrimento per la fauna ittica. Lungo i filari di salici, il ricordo ancora vivo dei pampini che non si vedono più, di un bellissimo ponte in legno a Corriano, dimora di bisce, anguille, trote fario ed uccelli, dove il picentino riceve le acque del torrente Rienna che scende giù da Occiano e della fiumara del Rio Secco che si è conquistato nel tempo una brutta fama. E’ un torrente “desaparecidos”, che nasce (si fa per dire) nei pressi di Carbonara, scompare nelle viscere della terra per poi riaffiorare, senza preavviso, alcuni chilometri più giù, nel centro urbano di Giffoni Valle Piana.

A questo punto il picentino è diventato un bel corso d’acqua pulito e veloce; poche decine di metri per una deviazione che ci porta lungo un viottolo che conduce ad un interessante reperto d’archeologia industriale. E’ l’antica ramiera abbandonata come un totem, come il relitto di un’epoca già passata. Nel 1700 così ci racconta il De Caro nei Commentari, il fiume “si affittava per il pescare pesci ducati 10 l’anno come è stato per lo passato” e sulle rive e le sponde si affacciavano case e giardini di mortella; fino agli anni ‘70 i ragazzi di Vassi arpionavano le trote a vista con maestria e precisione con il “lanzaturo” e le sue acque erano ricche di trote autoctone, granchi, barbi, anguille e capitoni , bisce e rane, tritoni e salamandre e persino spigole che salivano dal mare e nei “tonzi” e nelle “parate” sotto la cascata di Vassi, a Paratino o sotto il ponte di Ornito, i ragazzi andavano a tuffarsi su improbabili trampolini e si faceva il bagno, tutti insieme, ed era una festa. Ora non ci vogliono i ricercatori scientifici per rilevare che nel tratto medio-basso del fiume, da Campigliano a Pontecagnano, dove insistono numerosi insediamenti industriali e commerciali, lo scenario diventa più desolante e il fiume degradato dallo sviluppo urbano e industriale , non riesce a sconfiggere l’immagine di abbandono che fornisce, malgrado opere locali e pulizie episodiche su base annuale della foce. Ma questa, come direbbe Carlo Lucarelli, è un'altra storia.

7 ottobre 1899: un'alluvione dimenticata

La notte del 7 ottobre del 1899 un violento nubifragio che interessa anche Salerno, Vietri sul Mare e Sieti, colpì l’area del picentino e in particolare i comuni di Giffoni Valle Piana e Pontecagnano. Quella notte le precipitazioni furono violentissime: il famigerato torrente Rio Secco, il cui letto semisecco è colmo di pietre, sabbia e tronchi rompe gli argini, straripa nelle campagne, allaga le case. La pioggia violenta fa salire il livello dell’acqua. Il fiume picentino trabocca, fa crollare per la piena alcuni ponti e giunge con forza devastatrice a fondovalle, nel centro di Giffoni e a Pontecagnano. Molti devono abbandonare le case a pianterreno.Identikit di un fiume E’ il dramma dell’alluvione. La valanga di acqua e fango trasformò il picentino in un fiume impetuoso con una forza devastatrice mai vista prima. Scrive lo storico giffonese Riccardo di Martino in un appunto inedito che c'è stato gentilmente concesso dal fotografo Costantino Cianciulli: ” Tutte le zone coltivabili furono allagate, boschi, castagneti ed uliveti subirono ingenti danni. Alcuni ponti furono spazzati via dalla forza dell’acqua, le strade delle piccole frazioni era diventate dei torrenti, le case sottane e quelle al piano terreno furono allagate, alcune furono spazzate via, intere piante venivano portate giù dal Riosecco e dal Picentino. Dopo che la furia dell’acqua si calmò, in molte zone si presentò agli occhi della gente uno scenario poco edificante, fu trovato del mobilio, carogne di animali e oggetti vari”. Gravissimi i danni causati all’agricoltura e agli opifici industriali. Tutte le frazioni del comune furono interessate dall’alluvione e circa 500 persone inoltrarono al Comune la richiesta di risarcimento danni. Il sindaco dell’epoca Domenico Carpinelli lanciò un S.O.S. al Prefetto di Salerno e invio l’elenco dei danni arrecati alle proprietà urbane e ai fondi agricoli per le località di Ponte Pozzarolo, Curticelle, Curti, Sovvieco, Vassi e Calibrano e per gli opifici Terravecchia e Murate. La stima approssimativa era di 74.780 Lire. L’impatto dell’alluvione e dell’esondazione del RioSeccco e del fiume Picentino fu talmente devastante che determinò in seguito “il primo radicale cambiamento dell’aspetto urbanistico, quando fu costruito corso Garibaldi e via Roma, precedentemente si doveva girare per via De Rossi, e tramite il Poggio ed il Convento Vecchio si giungeva sulla piazza del casale di Iacolinupi e per via Annunziata si giungeva davanti alla chiesa madre della SS.Annunziata dove incorpora la strada proveniente dal Casale delli Pascali”. Si racconta, per chi ci crede, che solo con l’esposizione “miracolosa” della reliquia della Spina Santa la furia delle acque si placò. A Pontecagnano che all’epoca era una frazione di Montecorvino Pugliano la furia del fiume Picentino si abbatté sui rioni Lamia, del Centro e di S.Francesco, inondando le abitazioni al piano terra ed i negozi. Una rarissima testimonianza dell'evento è raccontata da Pasquale Pellegrino nel suo libro “Annali Picentini”: “ Le case, acculate nel buio della notte, ignare, furono sciabolate dai bagliori delle saette, che laceravano il velluto del cielo fatto d’inchiostro. E scrosci d’acqua, impetuosi, annegarono i campi a monte. Sradicarono gli alberi, spazzarono le terre e i frutteti di ogni detrito. Le acque del Picentino, gonfie di pioggia e di fango, trascinarono a valle terra, pietrisco, arbusti, rami ed alberi che andarono ad ostruire le cinque arcate del vecchio ponte, formando una specie di diga, per cui il fiume straripò. Le acque si riversarono per il Corso, salendo di livello nelle case. Che erano piano terra. E i letti gallleggiarono su di esse, fino al soffitto”. La cosa più stupefacente ed impressionante fu il galleggiamento sull’acqua vicino Pontecagnano di circa mille metri di binario ferroviario divelti della linea Napoli-Battipaglia. Due lapidi di marmo sul Corso Umberto I a Pontecagnano ricordano l’alluvione del 7 ottobre 1899.

(W.B.)

South Land, un’organizzazione per la difesa dell’ambiente
di Walter Brancaccio

Identikit di un fiumeScrivi ambiente e subito ti viene in mente una sigla storica dell’ambientalismo picentino: il Circolo Picentino sulle cui ceneri è nato nel 1982 il South Land, ossia “terra del sud”, l’Associazione di Protezione Civile e Ambientale con sede a Giffoni Valle Piana che da decenni si batte per una vera e propria cultura di tutela ambientale. L’ex Circolo Picentino è diretto da Silvio Cammarota ed è presente con proprie Delegazioni oltre che nel comprensorio dei picentini, nei comuni di Avellino, Ascea, Torre Orsaia, Castelnuovo Cilento, Casalvelino, Rofrano e Campagna. Il South Land vive di lavoro volontario e si muove a 360 gradi. Silvio Cammarota con i suoi 600 iscritti, 300 volontari e circa 50 guardie giurate, ittiche e ambientali, distaccate in tutta la provincia, fanno un po’ di tutto, con scrupolo ed un ottimo grado di addestramento costruito in tanti anni di esperienze sul campo. L’associazione ambientalista di gran lunga più attiva e presente nel territorio, ha scelto di combattere la battaglia per l’ambiente al servizio della collettività, senza pregiudizi ideologici, costruendo e conservando una rete di relazioni e di partenariati con svariati enti locali, forze dell’ordine, Arpac, WWF.

L’Associazione è iscritta nell’Albo regionale delle associazioni di volontariato e nell’elenco delle Organizzazioni di Volontariato del Dipartimento della Protezione Civile, svolge perciò attività di Protezione Civile (curando la formazione dei volontari con corsi appropriati) ed ha la possibilità di disporre di squadre di volontari finalizzate specificamente alla lotta agli incendi boschivi, operando di concerto con gli altri enti. Il South Land ha costituito di recente anche un nucleo di Soccorso Montano per la ricerca e il recupero dei dispersi in zone isolate. I suoi compiti come sezione della F.I.P.S.A.S. (Federazione Italiana Pesca sportiva ed Attività Subacquee) si estendono anche alle attività legate alla pesca, alla vigilanza ittica contro la pesca di frodo, alle attività agonistiche per i pescatori sportivi. In occasione di eventi e manifestazioni che si svolgono in tutto il territorio, ha dato e continua a dare un contributo importante nei servizi di viabilità del traffico, sicurezza e assistenza logistica. Ma è sul fronte sempre “caldo” della lotta al degrado ambientale e alle aggressioni agli ecosistemi fluviali, in particolare il Picentino e il Tusciano, che l’associazione svolge una meritoria azione di vigilanza e di controllo del territorio, per individuare fonti inquinanti, scarichi abusivi, attività illegali sui fiumi che intaccano gravemente il già fragile patrimonio ittico e l’equilibrio naturale dei luoghi.

Documentate denunce che sollecitano interventi e soluzioni che talvolta li portano ad entrare in conflitto con alcuni comuni inadempienti, ed ancora scarsamente interessati al discorso ecologico, malgrado oggi l’idea sia diventata un patrimonio di tutti. Si può pensare globalmente, ma poi occorre agire localmente, con uno spirito “dialogante” con tutti, fin quando è possibile, fin quando non si commettono reati ambientali. E’ “la filosofia” ecologista del South Land trasmessa da Silvio Cammarota, un ex trotschista della Quarta Internazionale a capo di piccolo e agguerrito “esercito” di volontari, per lo più giovanissimi, che trovi dappertutto: presenti all’uscita degli alunni dalle scuole, in perlustrazione lungo i sentieri, le sorgenti e le rive dei fiumi, in alta montagna, nella gestione della sede del Centro di Educazione Ambientale, per scoprire, conoscere da vicino l’ambiente, la fauna e la flora e documentarsi sull’azione disgregante che viene provocata nel territorio. Un impegno tangibile che non si ferma alle “chiacchiere”, dove anche l’ultimo arrivato diventa subito protagonista dei grandi valori della solidarietà e dell’impegno ambientalista.

La sede centrale del South Land è aperta tutti i giorni, dalle ore 8.00 alle ore 21.00.
Per informazioni: Associazione South Land ONLUS
Traversa Cellara 1- 84095 - Giffoni Valle Piana (Sa)
Tel/fax: 089 866363 e-mail: circolopicentino@tiscali.it
Organigramma
Presidente: Silvio CAMMAROTA cell: 3486010203
Vicepresidente: Bruno Ranauro
Segretaria Generale: Luana Fezza
Responsabile Protezione Civile - Soccorso Montano: Giancarlo Di Mauro
Delegazioni
Giffoni Valle Piana: Presidente Cosimo Vasso
Avellino: Presidente Giosuè Lombardi
Rofrano: Presidente Evelina Domine
Torre Orsaia: Presidente Maria Grazia Vallone
Montecorvino Rovella: Presidente Claudio Procida
Campagna: Presidente Carmine Caponigro
Castelnuovo Cilento: Presidente Katia Cammarano
Ascea: Presidente Filomena D’Argenio
Casalvelino: Presidente Antonio Abagnale
Nuclei operativi
Picentino Responsabile: Antonio Boccalupo
N.O.V.Alent Responsabile: Bruno Ranauro
Tenza Responsabile: Antonio Cerrone
Tusciano Responsabile: Davide Del Duca
Avellino Responsabile: Michele Stanco
Fuorni Responsabile: Michele Citro

Nell’ambito del convegno “Il nostro Picentino – Costruiamo un progetto comune per il Fiume” organizzato dal Circolo Occhi Verdi di Legambiente il presidente del Parco Regionale dei Monti Picentini Sabino Aquino ha svolto una interessante ed articolata relazione relativa ad una recente ricerca scientifica di carattere geologico-ambientale condotta sull’intero bacino idrografico del Fiume Picentino dal titolo : “Effetti antropici sul degrado ambientale del reticolo idrografico del Fiume Picentino (Interventi per la Bonifica e il Risanamento)”. Nell’ambito del suo intervento, il Presidente Aquino ha reso noto i risultati dello studio effettuato ed in corso di pubblicazione e, alla luce delle emergenze ambientali emerse dallo stesso, ha anche indicato gli interventi di bonifica e di risanamento finalizzati al ripristino del preesistente equilibrio naturale dell’ecosistema fluviale. Di seguito riportiamo una sintesi della relazione:

EFFETTI ANTROPICI SUL DEGRADO AMBIENTALE DEL RETICOLO IDROGRAFICO DEL FIUME PICENTINO (INTERVENTI PER LA BONIFICA ED IL RISANAMENTO)

Identikit di un fiumeIl bacino del Fiume Picentino, soprattutto nell’ultimo trentennio, è stato oggetto di una indiscriminata e pesante manipolazione antropica che ha causato gravi squilibri all’intero sistema idrografico, con notevoli negativi risvolti sul quadro ecologico del fiume. Inoltre, il comprensorio in esame, è stato interessato da ricorrenti crisi idriche, determinate dall’imprevedibile successione di diversi anni di scarsa piovosita’ ed assenza completa di cospicue precipitazioni nevose che hanno causato magre storiche delle principali sorgenti e preoccupanti abbassamenti delle falde idriche. Parallelamente si è avuto un elevato utilizzo delle acque del corso fluviale per gli usi irrigui ed industriali e si sono captate, per usi idropotabili, quasi tutte le fonti idriche che alimentano il fiume.

A ciò va anche aggiunto che la qualità delle acque in alveo è andata notevolmente peggiorando, in quanto il corso d’acqua è usato come recettore ultimo di reflui anche non depurati. Ciò ha messo in evidenza, con aspetti anche disastrosi, anche i forti squilibri in cui versa questa area territoriale nei riguardi dell’agricoltura rivierasca e dell’assetto ecologico. Sicuramente lo stato attuale di degrado del sistema fisico è frutto di una sostanziale inadeguatezza infrastrutturale e programmatica sul territorio creato anche da una esigenza contingente di fronteggiare, senza prevedere, la gestione della risorsa idrica. Per una oculata e razionale gestione delle fonti idriche necessariamente devono inserirsi i concetti di pianificazione e programmazione alla scala di bacino, come peraltro viene sancito dalla Legge 183/89. Pertanto, diventa sempre più pressante l’esigenza di calibrare gli interventi in funzione della massima efficienza, viste le limitate risorse economiche disponibili. Certamente, la problematica va affrontata per gradi, intervenendo prioritariamente sulle questioni più rilevanti, ma necessariamente, conservando una visione di insieme dei vari settori ad essa connessi. In particolare è necessario assumere adeguati provvedimenti, tesi ad eliminare il carico inquinante presente negli scarichi urbani e riequilibrare il regime idrico del fiume attraverso la definizione del bilancio idrico complessivo tra il fabbisogno, i prelievi possibili e la risorsa idrica disponibile, in modo da garantire il rilascio in alveo del Deflusso Minimo Vitale ed evitare l’amplificarsi del danno ambientale dell’intero ecosistema fluviale.

* Idrogeologo – Presidente del Parco Regionale dei Monti Picentini

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