Le lezioni del voto per le provinciali.
Le elezioni provinciali del 7 giugno hanno somministrato diverse lezioni severe. La prima è quella del presidente uscente Villani che ha visto riconfermare, il che vuol dire qualcosa, solo tre assessori della giunta uscente. La seconda è quella che hanno ricevuto il segretario regionale e il segretario provinciale del Partito Democratico. La terza lezione l’ha presa il sindaco della Repubblica Popolare Autonoma di Giffoni Sei Casali Gerardo Marotta e il suo mentore, passato da un polo all’altro, nel partito degli ex Dc, dalla sera alla mattina. Il sindaco di Sei Casali, si è candidato con il principale obiettivo di bloccare l’elezione del suo dirimpettaio Paolo Russomando che invece è risultato il primo degli eletti nel collegio Giffoni-Montecorvino. Ancora una volta, si è ripetuta un’operazione già nota, con attori considerati di minor qualità, ma il gioco non è riuscito. Qualcuno si era messo in testa di azzerare politicamente il territorio, in base alla politica del “tanto peggio tanto meglio”, per poi andare all’incasso. Evitate se possibile in futuro altre figuracce. E’ già stato detto che le cause della pesante sconfitta elettorale del centrosinistra sono dovute al vento di destra che soffia ancora forte, all’insufficiente azione amministrativa della Provincia in un ‘area elettorale nevralgica come l’Agro - Nocerino – Sarnese, all’evento non irrilevante come il trasferimento dell’Udeur e dell’Udc nel fronte di Cirielli con una percentuale complessiva di oltre il 10 per cento e ultimo, ma non ultimo, la composizione delle liste per Villani. Ci si augura che la disfatta elettorale faccia riflettere e ripensare profondamente al ruolo del Pd in provincia di Salerno. Fa impressione invece sentire un segretario provinciale che ora si aspetta un “ premio di consolazione” dal voto di Battipaglia mentre sono in molti che si aspetterebbero le sue dimissioni e quelle del suo entourage. Avete mai dato un’occhiata all’organigramma del Pd salernitano? Sembra il tamburino de L’Espresso, tanti sono i graduati senza esercito, i “leader ” senza militanti, senza alcun rapporto con le realtà sociali ed economiche dei territori, che hanno dato un contributo importante alla politica del non fare nulla, che non muovono foglia se i capicorrente non vogliono. Alzi la mano chi nel Picentino o nel Cilento, nel Vallo di Diano o nell’Agro, conosce l’azione operosa e l’impegno politico e sociale di Michele Figliuolo da Valva e di tali Carmine Petolicchio (Organizzazione), Nello Mastursi (Iniziative politiche),Vincenzo Bennet (Politiche economiche), Maria Rosa Capozzoli (Ricerca e Innovazione), Piero De Luca (politiche comunitarie),Vincenzo Del Pizzo (Sport e Sicurezza), Daniela Filardi (Ambiente), Carmine Giorgio (Politiche sociali), Massimiliano Cataldo (Lavoro), Gerardo Riccio (Sanità), Vittorio Aliberti (Enti locali) Maria Rosaria Vitello (Scuola e, pensa un pò, Iniziative di massa). La loro unica mission è quella di gestire un partito evanescente, composto in massima parte da una combriccola di dirigenti sradicati, abituati alla politica dei salotti e frequentatori dei Palazzi. Il Pd salernitano è un partito imbalsamato, a crescita zero. Negli ultimi anni c’è stata una flessione o un incremento del tesseramento? Quanti circoli del Pd sono stati aperti in provincia di Salerno grazie all’impegno e alla mobilitazione di questi dirigenti? Domande senza risposta. Nel picentino abbiamo assistito all’esempio più tangibile di fin dove possono arrivare i metodi di direzione e di gestione di un partito che ha fatto scontrare due sindaci del Pd e mandato allo sbaraglio l’ex assessore provinciale Corrado Martinangelo costretto a migrare, per la causa comune, in un collegio storicamente di destra, senza chance di vittoria. Il sindaco di Giffoni V.P. Paolo Russomando è stato il più votato nel collegio 17, ma il centrodestra conquista la maggioranza dei voti nel collegio, a causa dell’Udc o di chi ha contribuito a disperdere circa 1500 voti. Il voto comunque pone degli interrogativi seri anche al centrosinistra locale perché le 3.541 preferenze di Gennaro Barra del Pdl non si possono soltanto spiegare con il “vento di destra”.
Walter Brancaccio
|