“L’UOMO DELLE STELLE”.
In questo nostro Paese ciascuno è libero di dire e fare quello che vuole, s’intende nei limiti della legge. In democrazia si ha il diritto-dovere di votare e di essere eletto. Tutti possono legittimamente candidarsi a ricoprire un incarico pubblico, persino lo “ scemo del villaggio ”. Anche gli uomini di spettacolo possono legittimamente partecipare e concorrere. Si può candidare un magistrato, Pippo Baudo o Brian De Palma e ci si può candidare in tutti i partiti, tra le nullità neo-fasciste o tra i post-democristiani di Mastella, tra i nostalgici dei tempi d’oro della Dc e persino tra chi ha sempre pensato che il vero problema sia quello di occupare un po' di poltrone e magari risuscitare la “Balena Bianca”. Diverso è stato giudicato il caso suscitato dalla “discesa in campo” del direttore artistico del Giffoni Film Festival Claudio Gubitosi alle ultime elezioni regionali che si è proposto in un partito l’Udeur che pochi giorni prima del voto ha minacciato ripetutamente di correre da solo in Campania in contrapposizione ad Antonio Bassolino.
Un’avventura che si è conclusa con un autentico fallimento. Gli elettori del picentino hanno detto “no” ad una candidatura che non ha comunicato nessuna emozione, nessuna proposta politica realizzabile e raggiungibile, a parte la cultura dell’effimero e dell’immagine ed una certa esaltante retorica giovanil-qualunquista buona per pochi ascari, illusi ed illanguiditi dall’immaginario degli stereotipi. Pensiamo per un attimo all’effetto che ha fatto sui pensionati, sui braccianti agricoli della Piana del Sele, sugli operai di Salerno e sui giovani disoccupati del picentino, il programma di un uomo che si è presentato agli elettori in “prima” assoluta con slogan altisonanti come questi: “il rabdomante” , “l’architetto dell’immaginario”, “La qualità del successo al servizio della Regione”.
Un cambiamento di rotta inspiegabile e non necessario che ha visto coinvolto e impegnato il Festival sul fronte della politica elettorale cioè quanto di peggio può capitare ad una istituzione che dovrebbe avere tra i suoi obiettivi fondamentali l’autonomia dal potere politico e l’indipendenza da ogni schieramento di destra o di sinistra. Si entra in politica per passione, per grandi ambizioni, per spirito di servizio, per competenze. Il direttore artistico del Giffoni Film Festival è entrato in politica “per un investimento ”: “La politica come investimento” si legge infatti nel sito web elettorale. Come potrà più svilupparsi in modo proficuo per tutti il rapporto interistituzionale quando il fragile equilibrio tra poteri locali e festival è stato compromesso dalla discesa in campo di un direttore (a vita!) che ha deciso improvvisamente di “coinvolgere” il Giffoni Film Festival in un’avventura elettorale estranea alla tradizione e alla cultura istituzionale dell’Ente. E non può sfuggire, ai sinceri democratici, tra cui il presidente Carlo Andria, la pericolosità di un precedente di tale natura che ha violentemente infranto un equilibrio che ha consentito al Giffoni Film Festival di affermarsi e crescere su scala nazionale. Noi auspichiamo che chi ha interesse a tutelare l’immagine del festival facciano sentire la loro voce per difendere l’autonomia dell’ente da ogni “sospetto”, dalla confusione e dalla commistione di ruoli e funzioni.
Noi auspichiamo una posizione chiara ed inequivocabile anche per quelle forze politiche che in campagna elettorale hanno criticato duramente la gestione del Festival per poi manifestare una puerile “solidarietà” neanche richiesta. Il successo del festival non si deve alle virtù straordinarie dei singoli. E’ il successo anzitutto del ruolo da protagonista recitato dagli Enti locali, Comune e Provincia e dall’Istituzione regionale che sostiene economicamente la manifestazione; è il “successo” dell’Ente locale che è stato in questi anni un centro di promozione, di guida e di programmazione e, in massima parte, di una vasta area politica di centro-sinistra che ha realizzato e finanziato importanti e decisive opere infrastrutturali a servizio della cultura.
Non può sfuggire a nessuno, infatti, la necessità di salvaguardare un bene pubblico che è di tutti ma che va difeso anzitutto da se stesso e dallo stravolgimento delle sue radici genuine e schiette.
Questo giornale è stato l’unico organo d’informazione che ha avuto il coraggio civile di denunciare lo stato di cose che vige da alcuni anni al Giffoni Film Festival: “ una voce nel deserto”. I nostri rilievi critici trovano conferma oggi in una “ voce di dentro” autorevole e al di sopra di ogni sospetto. Padre Claudio Luciano, uno dei fondatori del Giffoni Film Festival, insieme al dottor Generoso Andria, un uomo di Chiesa da tempo immemorabile organizzatore e coordinatore della Giuria del Festival, ha lanciato pesanti accuse sulla gestione in una lettera al vetriolo che ha lasciato tutti allibiti e che pubblichiamo integralmente. Soltanto per incominciare a riflettere e preoccuparci, tutti insieme. Prima che l’interesse puramente cinematografico sparisca del tutto per far posto ad una grande kermesse che così com’è non funziona più, chiassosa e inconcludente che si ripete stancamente per otto giorni l’anno.
Walter Brancaccio
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