L’anatema di Padre Claudio Luciano sul Giffoni Film Festival.
La lettera
Al Presidente, al Consiglio di Amministrazione, al Collegio dei Sindaci , al Direttore Artistico dell’Ente Festival e .p.c. al P. Provinciale dei frati Cappuccini di Basilicata –Salerno, al Superiore del convento dei Cappuccini di piazza S.Francesco di Salerno, al Superiore del convento dei Cappuccini di Giffoni, ai Parroci di Giffoni.
Carissimi,
credo opportuno consegnare all’archivio del festival di Giffoni una nota sulla sua nascita e sulla sua crescita. Essa ricalca nei contenuti quelle che, ogni anno, puntualmente, consegnavo alla direzione, a conclusione delle varie edizioni del festival. Penso di doverlo fare ancora una volta, sia per il ruolo che ho svolto per lunghissimi anni come responsabile della giuria, sia per la mia specifica presenza nell’ambito della realtà di Giffoni. E lo faccio con la stessa sincerità e le stesse finalità di allora! Affinché il festival non smarrisca i valori sui quali ha fondato la sua storia. Consapevole che un Festival “inquinato” non potrebbe e non dovrebbe avere alcuna pretesa di rivolgersi al mondo giovanile!
Solo un accenno storico: la nascita del festival avvenne quasi per “germinazione spontanea” e intorno a questa idea si ritrovarono, fin dall’inizio, tanti personaggi, con diversità di ruoli e di professionalità. Il festival nasceva in una “culla”, il Convento dei Cappuccini, e cresceva per le premurose attenzioni di tutto il popolo giffonese. (La storia non dovrebbe mai dimenticare le origini, per non smarrire i valori intorno ad esso, negli anni, una “ squadra” di giovani e meno giovani, in modo del tutto gratuito, metteva a disposizione il tempo e la professionalità: l’elenco dei nomi sarebbe troppo lungo per poterli citare tutti. Eppure, quanto sarebbe necessario)!
Il clima che accompagnava la sua crescita è sempre stato quello dell’amicizia e della gratuità. Il festival era l’orgoglio del paese e il punto di riferimento culturale e sociale della comunità.
Questo il festival che con alcuni amici -tra i quali Giuseppe Blasi e Peppe D’Antonio- con la direzione di Claudio Gubitosi e tanti altri, abbiamo contribuito a far nascere e aiutato a crescere. Questo il festival per il quale ci siamo impegnati per anni, che è costato paziente ricerca e costante lavoro, coinvolti e affascinati da un’idea e aiutati da un costante gioco di “squadra”. Su questo festival abbiamo scommesso nel tempo!
Poi qualcosa è cambiato radicalmente. Forse era inevitabile!
La notorietà internazionale e le nuove possibilità economiche avranno determinato il brusco cambiamento.
Gli interessi personali, la corsa al potere e alla carriera hanno avuto il sopravvento sui contenuti culturali e sui valori morali.
Lentamente, la “squadra” veniva ridimensionata e lentamente annullata. Dalla condivisione dei compiti si è passato alla collaborazione esterna, magari ben retribuita! E il potere decisionale si restringeva nelle mani di uno solo che, da Direttore Artistico, diventava “Patron”.( Il termine è stato più volte usato anche ufficialmente!) Con conseguenze sempre più pericolose, rischiose ed evidenti. E non poteva essere diversamente, trattandosi, ormai, della gestione di un potere legato al controllo di somme sempre più cospicue.
Per la verità, il festival non ha avuto un “maestro o un artista” che abbia formato una scuola. E’ stato, da sempre, caratterizzato da un lavoro d’insieme! Qualcuno, con scaltrezza, si è appropriato di meriti non suoi! Non è del tutto chiaro il meccanismo di questo accaparramento di meriti e di gloria. Di fronte a questo inarrestabile processo, alcune presenze, anche se amiche e significative, cominciavano a disturbare(!). Si sa, il “potere” non gradisce né controlli né troppi sguardi…!
Ma non era più il festival! Cominciava a diventare un’altra cosa!
La politica, gli interessi di parte, la corsa alla carriera si impossessavano del Festival! Con conseguenze disastrose. L’esempio più eclatante si è avuto nelle ultime elezioni regionali. Il direttore ha voluto scendere in campo con una decisione personale. Nessuno poteva impedirla! Però sarebbe stato corretto presentare prima le dimissioni da direttore. Perché esporre e compromettere il Festival? Per anni, proprio la “squadra”, aveva impedito una simile scelta. Il festival si era mantenuto al di sopra dei partiti. E aveva ottenuto la simpatia di tutti i politici. Legarsi a un simbolo voleva dire compiere una scelta che inevitabilmente avrebbe comportato conseguenze imprevedibili per la manifestazione. Il Direttore non ha voluto sentire ragione. Il risultato elettorale è stato una triste conferma delle nostre preoccupazioni.
Chi ama il festival ha potuto notare che da tempo, purtroppo, non è più un ‘idea da arricchire ma sta diventando solo un’idea da sfruttare. E la corsa alla “mondialità” potrebbe significare il definitivo impoverimento e declino. Perché sta venendo a mancare clamorosamente la sua creatività.
Eppure voglio continuare a dire, con forza, che il festival non può essere considerato da nessuno una azienda familiare,che è al di sopra della politica, che non è di nessun partito!
Non è necessario essere investigatori per accorgersi delle varie superficialità e leggerezze che si sono insinuate e verificate nella vita del festival. Forse basterebbe pensare semplicemente all’uso dei beni dell’Ente. Così come alla gestione fortemente personalizzata delle assunzioni e dei licenziamenti che esalta molto la subordinazione. Sono convinto che neppure il padrone di un’azienda possa “licenziare” con tanta facilità un suo dipendente, tanto meno un collaboratore, dopo una vita spesa per l’azienda!
Tutto questo pare sia accompagnato da una certa passività e rassegnazione del Consiglio d’Amministrazione, che appare più un ufficio di ratifica, che organo decisionale. Credo che da tempo o da sempre - è questa la sensazione comune - il Consiglio abbia rinunciato al proprio ruolo. Troppi scambi di “ favori ” e tanti compromessi? Sarebbe interessante compiere una piccola indagine tra i dipendenti del festival. Quali gli assunti per meriti, quali per parentele o per raccomandazioni?
Un Consiglio senza voce! Forse al mondo non esiste un caso simile a quello di Giffoni, dove il Consiglio nomina il Direttore ma, poi, è il Direttore che trova le strade “politiche” giuste per far eleggere, dall' Assemblea dei soci,il Consiglio “adatto”. Trucchi del mestiere! Basta un pò di impegno economico nell’accaparramento delle tessere! Metodi proprio di un passato, non tanto lontano!
La vicenda della presidenza di Caterina Andria resterà un esempio di strategia e di spregiudicatezza politica da parte di chi prima la impose e poi la lottò, costringendola alla fuga. Qualcuno ne risponderà davanti alla propria coscienza. Il festival è cresciuto negli anni tra innamoramenti e divorzi improvvisi! Balletti stagionali, ” umorali”. Il fenomeno si ripeteva negli anni, quasi a ritmo costante. I “ ballerini” sempre gli stessi.
Per non parlare dell’aspetto culturale! Il chiasso non è sempre sinonimo di successo! E il chiasso, prima o poi, finirà. Il festival da anni non è più ricerca culturale, vive di rendita!
Basterebbe avvicinarsi un po’ di più alla manifestazione per accorgersi dei vuoti culturali che l’accompagnano. Farsi una capatina al cinema, dare uno sguardo ai programmi, sfogliare il catalogo…
Da anni non si tengono più incontri - dibattiti culturali. Qualcuno li teme addirittura? Davvero comincia a sorgere il dubbio: a Giffoni partecipano ragazzi o magliette colorate?
E, infine, la moralità, un altro triste capitolo! Solo alcuni esempi: molti dubbi rimangono sulla selezione dei ragazzi. Forse i raccomandati superano di molto i selezionati per concorso! Come vengono gestiti e da chi le varie sponsorizzazioni della giuria (magliette, zainetti, borse per signore ecc…)? E poi … i viaggi all’estero! Basterebbe anche un controllo superficiale: si tratta di viaggi di lavoro per tutti? Queste e altre lamentele sono il pane quotidiano tra i corridoi del festival e per le strade del paese!
Avverto, con disappunto, il pericolo di un “falso storico” che si va insinuando nella pubblica opinione. Si rende necessaria una rettifica. Il festival non può essere considerato da nessuno una “ azienda di famiglia”, ricevuta in eredità, da poter trasmettere a figli o a nipoti.
Nonostante tutto, non voglio arrendermi! Auguro al festival di raggiungere altri orizzonti, ancora più vasti e luminosi, ma carichi dei valori dell’onestà e della trasparenza che hanno caratterizzato la sua storia e il suo passato e di cui le nuove generazioni hanno tanto bisogno!
P.Claudio Luciano |