Giffoni, i bambini e il futuro dei media
Mi sono sempre chiesto come potesse un paese semi- sconosciuto come Giffoni, comune agricolo del salernitano, qualche industria conserviera, diecimila abitanti, 200 metri sul livello del mare, nessun albergo, ospitare da anni una manifestazione come il “Giffoni Film Festival”, così piena di film e di star internazionali. Adesso basta andare su sito del festival e scoprire, beati loro, decine di sponsor che vanno dalla Banca della Campania al Consorzio Imballaggi Alluminio, dalla Mercedes al Chupa Chups. Mi chiedo ora perchè Mediaset dedichi collegamenti quotidiani alla manifestazione (Italia 1, Studio aperto - Speciale Giffoni, ore 18.15). Forse vuol crescere dei “medusini”, piccoli spettatori che un giorno consumeranno i film targati Medusa. O forse no. Però, vedendo i servizi di Silvia Trevaini (sembra una gioiosa animatrice estiva) qualche dubbio sulla manifestazione mi rimane ancora. Durante il festival, Giffoni si anima di ragazzini, 2000 giurati, che guardano i film e giudicano. Ora dalle interviste della Trevaini si capisce benissimo che i ragazzini fanno riassunti fantasiosi, non sono in grado di riferire quello che hanno visto, confondono la Nigeria con l’Algeria, sono attratti soprattutto dagli ospiti, tipo gli Zero Assoluto. Non è colpa loro: il cinema e in più in generale i media, come si dice, non fanno parte del programma scolastico, sono ancora vissuti come estranei all’istituzione. In questo modo, c’è il rischio che si instauri un deleterio triangolo fra un kinderheim di sapientini (giudicano qualcosa che forse non hanno capito fino in fondo), un gruppo di attori in cerca di visibilità ( quest’anno c’è Meg Ryan, e sarebbe interessante sapere quanto è costata la sua trasferta), e gli organizzatori, cosi determinati a credere nelle capacità taumaturgiche dei ragazzi. Più invecchia, più la società affida ai ragazzini il compito di immaginarsi un futuro in via di estinzione.
di Aldo Grasso dal Corriere della Sera
|