Ne ha per tutti: nel suo mirino finiscono Prodi, Fassino, Bassolino, Cacciari e persino De Luca. Al centro del palco di piazza Sabbato salva solo i suoi due interlocutori (alla sua destra il Ministro Giuseppe Fioroni, alla sinistra l’omologo Paolo Gentiloni).
Ciriaco De Mita anima il dibattito sul Partito democratico: “Vorrei che in merito non accadesse come in Campania allorquando, tentando di muovermi bene, sono schiacciato tra i napoletani che pensano che voglio disturbare il manovratore e coloro che credono che voglia aiutarlo ma che non ho la forza di farlo”. E spiega: “Il percorso alla base di una ipotesi plausibile di nuovo partito deve prevedere la costruzione di una grande forza moderata. Fassino ha però affermato a chiusura della Festa dell’Unità che il Pd sarà un Partito di sinistra e non moderato. E’ il loro peccato originale, ce l’hanno in testa ed è difficilmente correggibile, come la mia pronuncia… Il comunismo fu sconfitto in Italia ben prima della caduta del Muro. Loro avrebbero dovuto saperlo, invece hanno tentato solo una trasformazione apparente.
La maggioranza in questa nazione è formata da cattolici: è a loro che intendevo riferirmi quando ho tentato inutilmente di spiegare a Fassino l’esigenza di allargare il confine del Pd”. Alla base delle riuscita del Pd, De Mita pone la complessiva ricostruzione del sistema politico: “Qui ho parlato l’altra sera, a proposito della situazione campana, della garanzia dei diritti: il mio era il tentativo di porre un problema culturale; mi spiace che gli ignoranti napoletani abbiano interpretato alla stregua di un giudizio di merito e quindi a quell’affermazione dato l’efficacia di accusa al sindaco Iervolino”. Ancora: “La personalizzazione della politica ha dimostrato di non funzionare né a Napoli, né alla Regione, né a Salerno dove chi ha vinto ora comanda senza dover rispondere più a nessuno. Ma non funziona nemmeno al Governo dove assistiamo alla presunzione di una persona che, perché professore, ritiene di non dover più spiegare. Il sistema non deve allora legittimare chi comanda ma garantire il complesso dei diritti”. De Mita prima tira in ballo Cacciari (“astrazione, teoria pura, la politica è invece più modestamente governo dei processi”), poi conclude: “Se quello di costituzione del Pd diventasse un fatto solo organizzativo, scenderemmo sotto il 30% liberando, nel contempo, un’area alla ricerca di nuovi riferimenti. La scorciatoia, cioè, sarebbe l’allargamento della fragilità della coalizione”. Posizione ripresa dal Ministro
Paolo Gentiloni: “Fassino non può dire alla Margherita di confluire nel Partito Socialista Europeo perché il Pd non dovrà essere una nuova tappa del post comunismo: sarebbe un’operazione perdente. Non si vince allargando la sinistra ma conquistando il centro. Il centro destra si scioglierebbe solo se percepisse alla guida del Pd una forza moderata e non ricattabile dalla sinistra”. Esigenza trasportata all’attualità: “Dallo stallo in cui siamo caduti al Senato – continua – si esce solo conferendo una guida moderata al centro sinistra”. Per la riuscita del Pd il Ministro
Giuseppe Fioroni punta tutto sulla “captazione dei voti dei cattolici, colpevolmente lasciati al centro destra”. Senza questa nuova conquista “il Pd sarebbe la copia meno brutta di Forza Italia”. Infine auspica: “Aiutiamo i Ds ad uscire dalla loro gabbia ideologica”.