Introduzione
di
Matilde Romito, dirigente Settore Beni Culturali
Musei e Biblioteche Provincia di Salerno
Presentazione
MuViT
Un prezioso atto del 1932, conservato nell’Archivio
Storico dei Musei Provinciali del Salernitano,
enumera 77 dipinti, elencati con precisione come
arredo della sede stessa della Provincia di Salerno:
conducendo una ricerca volta al recupero di tale
ricco patrimonio pittorico ottocentesco, mi resi
conto che non riuscivo a superare il ritrovamento
di soli 14 quadri.
Il recupero di altre opere –dal ‘500
al ‘700-, oggi nella Pinacoteca Provinciale
di Salerno, già effettuato presso varie
Istituzioni (Prefettura, Ospedale, etc.), dove
secondo una prassi consolidata alcuni quadri erano
“migrati con funzione di abbellimento”
di stanze dove il vasto pubblico dei Musei non
li avrebbe mai visti, mi induceva comunque a ben
sperare su gli altri 63 quadri. Le strade, infatti,
che le opere di pregio percorrono nei casi di
catastrofe bellica inducono ancora a tentarne
un recupero, anche se le distruzioni della guerra
ci hanno probabilmente privato di un gran numero
di opere.
Ebbi così l’idea di attivare un altro
portale Web (strettamente collegato con quello
che accompagna l’attività del Settore
Beni Culturali www.museibiblioteche.provincia.salerno.it),
basato sul sistema di riconoscimento da parte
dello sconfinato pubblico telematico. Il particolare
nuovo canale si configura come un vero e proprio
Chi l’ha visto? a favore del patrimonio
artistico della Provincia di Salerno.
Nasce così il MuViT (Museo Virtuale
Territoriale), creato in collaborazione
congiunta con il Parco Tecnologico e Scientifico
di Salerno e delle Aree Interne della Campania,
sottotitolato con la scritta Chi l’ha visto?,
cui è annessa l’immagine di profilo,
in nero, di Sherlock Holmes.
Pur essendo ormai entrato nel linguaggio corrente,
mi è sembrato corretto rivolgere alla redazione
della nota trasmissione televisiva Chi l’ha
visto? una formale richiesta, illustrando l’idea
e chiedendo se ci fossero problemi a utilizzare
il famoso interrogativo. Ho constatato che il
mio progetto ha avuto tanto successo presso i
responsabili della citata redazione da indurli
ad annunciare, sia sul loro sito web che in alcune
riviste, che il Chi l’ha visto? televisivo
intende prossimamente occuparsi dei beni culturali
scomparsi.
Convinta che per la salvaguardia e il recupero
del nostro patrimonio storico-artistico sia giusto
mettere in atto tutte le possibili strategie,
si è lavorato alacremente alla stesura
del MuViT, selezionando cinque settori di indagine,
fra cui quello cui ho accennato per sommi capi,
che costituisce la sezione Artisti nativi, e dunque
le opere create da artisti nati in territorio
salernitano, di cui si sono perse le tracce.
Un’altra sezione riguarda l’Arte prodotta
sul territorio, tra cui gli innumerevoli dipinti
della nostra terra conservati in tanti Musei stranieri:
penso, per esempio, ai quadri che Anita Rée
realizzò nel suo soggiorno positanese fra
il 1922 e il ’25, oggi nel Museo di Amburgo,
come ai tanti altri pittori che dai paesaggi del
Salernitano trassero ripetutamente fonte di ispirazione.
Potrà così essere possibile visitare
on line un Museo ricco di tutte queste opere,
sempre incrementato dall’apporto dei visitatori
telematici.
Con la sezione relativa a Il Salernitano nella
letteratura, si potrà raccogliere quanto
prodotto in letteratura, prosa, poesia sul territorio
della provincia di Salerno, leggendo brani che
possono, così, rinnovare l’emozione
di Riccardo Bacchelli quando nel 1927 percorre
la strada da Positano a Salerno, o le atmosfere
di Alfonso Gatto nei ritorni alla terra nativa.
Con Sigle e marchi ceramici si nutre l’ambizione
di delineare, sempre più dettagliatamente,
le vie che la ceramica salernitana –soprattutto
vietrese del cosiddetto “periodo tedesco”-
ha percorso nel mondo: dal negozio "Fithy
fithy" non più esistente a Broadway-New
York, da cui vengono opere di Guido Gambone, a
Londra con il gruppo plastico de “Le tre
Marie”, a Berna con un vaso con maschere
della fabbrica Pinto, a Parigi con i prodotti
della fabbrica ICS, al Belgio con le ceramiche
di Günther Stüdemann, a Città
del Capo con quelle di Margarete Thewalt Hannasch.
Uno spunto di ricerca che porto avanti da metà
degli anni Novanta, volto a definire il ruolo
delle figure cosiddette "minori", lo
sviluppo delle fabbriche, i passaggi di artisti
e lavoranti da una fabbrica all'altra, ma soprattutto
un programma che vuole studiare la diffusione
dei prodotti ceramici e i canali stessi di diffusione,
per acquisire gli elementi indicativi delle tipologie
e morfologie preferite nei vari paesi di arrivo,
e giungere così a disegnare la mappa dei
viaggi per il mondo della ceramica di Vietri;
un programma che ha anche già favorito,
con fondi appositamente stanziati, il ritorno
a Vietri delle belle ceramiche che qui, un tempo,
si produssero.
La sezione Il Salernitano terra di solidarietà
vuole raccontare la storia degli esuli dai regimi
totalitari –ebrei, dissidenti, “diversi”-
che le popolazioni del Salernitano accolsero,
come ospiti della loro terra, a rischio della
propria vita. Una accoglienza nel DNA del Sud
Italia, espressa da gente umile, povera, essa
stessa bisognosa, erede della Magna Grecia dove
un ospite era “un inviato degli dei”:
così tanti artisti
ricevettero l’appoggio forte delle comunità
locali, essenziale alla sopravvivenza di esule,
anche se spesso gli stranieri costituivano dei
gruppi elitari, senza contatto con i nativi. E
la terra salernitana avrebbe lasciato poi nel
ricordo, per chi non vi restò stabilmente
a vivere –e furono tanti-, una straordinaria
parentesi umana, un momento irripetibile.
Per queste cinque sezioni sono stati ritagliati
necessariamente dei limiti cronologici, partendo
dunque dall’Ottocento e arrivando alla prima
metà del Novecento, per la quale possono
ancora esistere presenze, testimonianze e memorie
orali vive.
Se la provincia di Salerno entra negli itinerari
dei viaggiatori stranieri con l’interesse
per la civiltà magno-greca, è nell’Ottocento
che il Salernitano fa il suo ingresso nel panorama
del viaggio europeo grazie alle coste a strapiombo
sul mare, i dirupi scoscesi e la difficile praticabilità
della fascia occidentale del golfo di Salerno
che colpisce, in nome degli ideali romantici,
l’immaginario degli stranieri.
E’ alla fine del primo quarto dell’Ottocento
che le fabbriche ceramiche cominciano ad uscire
dall’anonimato, imprimendo sull’argilla
marchi e sigle che segnano le vie della loro diffusione.
Ed è nella prima metà del Novecento
che i regimi totalitari –soprattutto il
nazionalsocialismo e il bolscevismo- vedranno
le diversità come ostacolo alla razza pura
piuttosto che come arricchimento. Barriere che
oggi il popolo di Internet abbatte.
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