Giovedì 24 ottobre 2013, Teatro Antonio Ghirelli di Salerno
Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo
Nella singolare versione «assolo» di Fausto Russo Alesi
“Tommasi’, te piace’ ‘o Presebbio?” è una battuta leggendaria, cucita addosso al viso scavato di Eduardo De Filippo. Ora è un intrepido Fausto Russo Alesi ad avventurarsi, in solitaria, alla scoperta di Natale in casa Cupiello, in scena da giovedì 24 ottobre 2013 alle ore 21.00 (repliche fino a domenica 27) al Teatro Antonio Ghirelli di Salerno. In solitaria, sì, perché è solo lui a dare la voce a tutti i personaggi di questa famosissima commedia, ironica e amara, in cui tutti sono incapaci di parlarsi apertamente e vivono, nonostante l’ombrello familiare, nella più totale solitudine. Presentata dal Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, l’opera principe, e comunque tra le più note di Eduardo De Filippo, conosce oggi un adattamento del tutto singolare, impegnativo e al limite dell’assurdo. Impresa faticosa, ma non impossibile, nata nell’attore da una particolare lettura del testo, magica partitura musicale di parole di cui questa recitazione solitaria rivela sfumature poetiche e note profonde di un’umanità dolente. Fausto Russo Alesi interpreta Luca e Concetta Cupiello, i due figli Ninuccia e Tommasino, lo zio Pasqualino, Nicolino marito di Ninuccia, Vittorio amante di Ninuccia, il portiere Don Raffaele e il medico che nell’ultimo atto visita Luca in fin di vita: un pullulare di solitudini che, pur vivendo a stretto contatto, non riescono a dialogare e si esibiscono in dolorosi ed esacerbati monologhi quasi monadi di leibniziana memoria. Di grande attualità il tema dell’incomunicabilità, che ha attraversato dolorosamente il secolo scorso, diventando protagonista di tutti gli aspetti della cultura che riguarda l’incontro/scontro generazionale, e potenzia la rete d’incomprensioni, gelosie, ambiguità, trasgressioni che creano un mondo finto in cui la verità non traspare. «Nella famiglia di Luca Cupiello – spiega Alesi – il flusso di parole e di emozioni si è interrotto, si è creato un vuoto: non si dialoga più, si monologa. Ragionamenti che mi hanno indotto a questa rilettura ardita e attuale, in cui si rappresenta una “moltitudine di solitudini” e in cui cerco di restituire, ad ognuna, corpo, voce, dramma». Vedremo allora il giovane Fausto dibattersi in scena fra interlocutori inesistenti, girare il capo più volte, di qua e di là, come a cercare di comunicare con i corpi immaginari di Concetta, Tommasino, Ninuccia, che, solo con la sua fisicità, crea davanti ai nostri occhi le stanze, gli intrecci, gli ambienti, l’universo di Luca Cupiello. E in questo universo si rende conto di essersi perso. Un’immortale tragicommedia, significata da una scenografia scarna e asciutta dalla forte valenza metaforica, che al disvelamento della verità si trasforma in dramma.
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