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Registrazione Trib. di Sa n°22 del 07.05.2004
 
 
 
 
 
 
 
 
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Gaetano ManzoIl picentino: identikit di un fiume di Walter Brancaccio

Un tesoro e un simbolo per l’intero comprensorio .

Dal mezzo della giogaia scaturiscono ad angolo acuto il Sabato e il Calore sul versante di Avellino ,il Tusciano e il Picentino sul Golfo di Salerno. Scorre il Sabato da vive sorgenti fuor de’campi di Serino, e dalla valle di Montella esce rumoroso a Cassano il Calore,il quale fattoglisi incontro nelle vicinanze di Benevento, raccoglie man mano i tre affluenti dell’altipian irpino, l’Ufita cioè, il Miscano e il Tamaro, e circuendo la giogaia taburnina, versa nel Volturno, dopo un cammino di centoquindici chilometri, la grande copia delle sue acque. Meno importanti sono gli alvei di mezzogiorno. Il Picentino, che rammenta col suo nome l’antica tribù sabellica della contrada, sorge modesto dalle alture giffonesi Quanto ricco d’onor povero d’onde; Giustino Fortunato, L’APPENNINO DELLA CAMPANIA a cura di Renato De Mirando NAPOLI GRIMALDI & C.EDITORI 1998

Promemorianews dopo il successo straordinario del dossier sul brigantaggio post-unitario nel picentino, propone all’attenzione dei lettori un altra documentata inchiesta, tra passato, presente e futuro, tra storia ed attualità, alla (ri)scoperta del fiume picentino, uno dei più importanti corsi fluviali del salernitano e della regione Campania. Ne tracceremo il contesto geografico e territoriale, ne seguiremo il cammino per 24 km, dall’alto corso fino al mare, ne analizzeremo lo stato di salute, problemi e vicende, gli studi e la legislazione di settore, il bacino idrografico e i suoi affluenti, la fauna ittica e la flora, ed altro ancora. Privilegiando ancora una volta la qualità dell’informazione e cercando di offrire alla ormai vastissima platea che ci segue con crescente interesse, sempre qualcosa di più e di meglio, spunti culturali e di analisi per successive ricerche che colmino lo spaventoso vuoto sull’argomento. Ancora una volta offriamo un dossier di pubblica utilità, rigorosamente ispirato al nostro riconosciuto rigore, non assimilabile all’improvvisazione e al pressappochismo informativo da piccola cultura da due soldi purtroppo diffuso da queste parti. Il fiume picentino Quanto ricco d’onor e povero d’onde come amava definirlo Giustino Fortunato, è un fiume ricco di storia, determinante per le risorse idriche del comprensorio, un ecosistema di grande importanza che andrebbe tutelato, valorizzato e che rischia da valore aggiunto del territorio di essere completamente dimenticato. Negli ultimi vent’anni le vicende di questo corso d’acqua sono state caratterizzate da fenomeni ed interventi alcuni positivi, altri di chiaro segno negativo che hanno provocato un lento, progressivo decadimento quantitativo e qualitativo della fauna ittica e dell’intero ecosistema fluviale. Verso il fiume c’è oggi un distacco freddo e rassegnato, sembra non appartenere più a questo territorio, quasi corpo estraneo ed anonimo. Malgrado tutto è un fiume ancora vivo e pulsante, a tratti impetuoso, ma il suo destino appare sempre più dipendente dalla capacità degli Enti locali e delle comunità di vivere con esso un rapporto armonico e di rispetto e non solo di sfruttamento. Una doverosa precisazione: il nostro sito è protetto da un copyright molto rigido, per cui diffidiamo fin d’ora noti specialisti locali nell’arte del copia ed incolla, ad utilizzare documenti, articoli e foto, tratti dal nostro sito, senza autorizzazione. Questo dossier è stato elaborato a partire dal mese di ottobre del 2009. Buona lettura a tutti.

La risorsa acqua

Siamo fatti di acqua. Il nostro corpo ne è infatti composto per il 70%. La superficie del nostro paese è coperta per il 71% dall’acqua, la maggior parte (più del 97%) è quella salata dei mari e degli oceani; la restante parte 3% è quella dolce, di cui metà è contenuta nei ghiacciai e solo 1% in falde, laghi, fiumi, torrenti e sorgenti. L’acqua svolge un ruolo essenziale per la vita ma è una risorsa in pericolo. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, ogni giorno 10 mila persone muoiono per mancanza o cattiva qualità dell’acqua. Le ultime statistiche degli organismi internazionali ci dicono che un quarto della popolazione mondiale non dispone di acqua potabile con tutte le conseguenze che la mancanza di un bene primario comporta in termini di costi umani, di distruzione e di morte. In Africa e in Asia muoiono ogni anno 3 milioni di essere umani per dissenteria, 1,5 milioni per malaria, una persona su cinque non ha acqua potabile. Ogni 9 secondi un bambino muore di sete. Dagli anni 80 in poi è stato riscontrato che la frequenza di periodi asciutti, di “siccità” dovuta alle sempre più scarse precipitazioni e all’aumento progressivo delle temperature, è cresciuta in modo preoccupante. Siamo in riserva. L’inquinamento delle falde acquifere, il problema degli approvvigionamenti idrici, lo spreco di acqua, la distruzione degli ecosistemi fluviali, le sempre più frequenti esondazioni, sollevano questioni e interessi ambientali ed economici di enorme portata. C’è chi prevede che, nei prossimi anni, il possesso di acqua potabile potrebbe scatenare più conflitti politici del petrolio. Come ha affermato l’ex segretario generale delle Nazioni Unite Boutros Ghali, “le guerre del ventunesimo secolo scoppieranno a causa delle dispute sull’accesso all’acqua”. Questo perché “nell’attuale fase di globalizzazione neoliberista, il tentativo di trasformare tutti i beni comuni in beni economici sottoposti alle leggi del mercato fa dell’acqua un enorme business. Ipotesi solo all’apparenza catastrofiste se si considera che attualmente nel mondo sono una trentina i conflitti internazionali legati all’utilizzo dell’acqua. L’esplosione demografica di alcuni parti del mondo e l’inquinamento, hanno ridotto le risorse idriche pro capite del 40 per cento. Intorno al 2020, quando ad abitare la terra saremo circa 8 miliardi, il numero delle persone senza accesso all’acqua potabile sarà di 3 miliardi circa.

I conflitti legati all’acqua

I conflitti tra nazioni per la proprietà, l’accesso e il controllo dell’acqua riguardano soprattutto i paesi del cosiddetto “Terzo Mondo”. Se ne contano attualmente circa cinquanta. E’ noto che il conflitto tra i paesi arabi e Israele e tra palestinesi e israeliani oltre a vicende storiche legate ai diritti negati del popolo palestinese e alla nascita dello stato di Israele, ha trovato proprio nell’utilizzo delle risorse idriche la causa immediata e scatenante della Guerra dei sei giorni (giugno 1967) quando la Siria e la Giordania tentarono di costruire una diga lungo il fiume Giordano per deviarne il corso prima che sfoci nel mare di Galilea. Lo scopo era di sottrarre ad Israele la maggior parte delle risorse idriche rendendo di fatto vani tutti i tentativi intrapresi l’anno prima nel rendere fertile molte zone aride di Israele. Emblematico dei nuovi conflitti scatenati dai progetti per la privatizzazione dell’acqua è quello che è accaduto in Bolivia sei anni fa. La “guerra dell’acqua”, che ancora non si è conclusa, ha provocato una rivolta popolare a Cochabamba con centinaia di feriti e cinque morti. In seguito alla privatizzazione dell’acqua ceduta dal governo boliviano a un consorzio di multinazionali, per 40 anni, il prezzo dell’acqua è salito alle stelle provocando una rivolta dei contadini che si è protratta per 4 mesi. Il servizio di distribuzione dell’acqua potabile passò nelle mani della Aguas del Lunari, dietro il quale stava la multinazionale americana Becthel e l’italiana Edison , la quale non tardò a triplicare i prezzi e a confiscare quei pozzi gestiti da cooperative del posto. Centinaia di migliaia di persone scesero in strada a protestare. Il governo rescisse il contratto e la Bechtel è costretta ad andarsene chiedendo però un indennizzo di 25 milioni di dollari per i “mancati profitti”. I bacini del Tigri e dell’Eufrate sono da anni al centro di un aspro conflitto tra Turchia, Iraq, Siria e Iran, per la supremazia economica della regione. Negli anni Sessanta, la Turchia nel quale ha origine il 90% delle acque dell’Eufrate e la Siria manifestarono l’intenzione di costruire numerosi impianti per l’irrigazione e per la produzione idroelettrica. Ciò avrebbe modificato l’economia della regione e, quindi la posizione di ciascun paese. Nel 1974 l’Iraq minacciò di bombardare la diga di Tabga in Siria e concentrò le sue truppe lungo la frontiera. Per le sorgenti del fiume Cenepa scoppiò nel 1995 la cosiddetta “piccola guerra” tra Ecuador e Perù che durò circa tre mesi e provocò diversi morti. In Cina la costruzione di dighe a monte dei fiumi Huanghe e Yangtre ha provocato nel 2000 la rivolta degli agricoltori ,gravemente danneggiati dal prosciugamento dei fiumi. In India la contesa sul fiume Cauvery, che dura ormai da oltre vent’anni, ha causato lo sfollamento di oltre 100.000 persone. Negli ultimi cinquant’anni la disponibilità di acqua in Africa è diminuita di tre quarti. Meno del 60% della popolazione dispone di acqua potabile e di servizi igienici. Secondo Alberto Fiorillo, del direttivo di Legambiente, i problemi del nostro pianeta idrico sono tre: ”Le perdite di rete: non se ne conosce con esattezza l’entità, ma si ipotizza che siano comprese tra il 30 e il 40 per cento dell’acqua distribuita. Ovvero, un litro d’acqua buttato ogni tre immessi nelle condotte. E nel Sud si toccano punte del 50 per cento. Secondo problema: le grandi opere infrastrutturali, come dighe e invasi. Terzo problema: l’impiego medio d’acqua per superficie irrigata è più del 30-40 per cento superiore ai livelli europei. Uno spreco drammaticamente elevato. Per non parlare dell’acqua prelevata abusivamente o delle tubature che in media sono vecchie di 35 anni e in molto casi di 50.

Il Manifesto dell’Acqua a cura del Comitato internazionale per il Contratto Mondiale sull’Acqua

Il diritto alla vita

Veniamo dall’Africa, dall’America Latina, dal Nord America e dall’Europa. Ci siamo riuniti nel 1998 con nessun altra legittimità o rappresentatività se non quella di essere cittadini preoccupati dal fatto che 1 miliardo e 400 milioni di persone del pianeta su 5 miliardi e 800 milioni di abitanti non hanno accesso all’acqua potabile. Questo è intollerabile. Ora il rischio è grande che nell’anno 2020, quando la popolazione mondiale sarà di circa 8 miliardi di esseri umani, il numero delle persone senza accesso all’acqua potabile aumenti a più di 3 miliardi. Questo è inaccettabile. Possiamo e dobbiamo impedire che l’inaccettabile diventi possibile. Come? E’ nostra convinzione che sia possibile raggiungere un tale obiettivo se si seguono i principi e le regole qui descritti.

L’acqua “fonte di vita” è un bene comune che appartiene a tutti gli abitanti della Terra.

In quanto fonte di vita insostituibile per l’ecosistema, l’acqua è un bene vitale che appartiene a tutti gli abitanti della Terra in comune. A nessuno, individualmente o come gruppo, è concesso il diritto di appropriarsene a titolo di proprietà privata. L’acqua è patrimonio dell’umanità. La salute individuale e collettiva dipende da essa. L’agricoltura, l’industria e la vita domestica sono profondamente legate ad essa. Il suo carattere “insostituibile” significa che l’insieme di una comunità umana- ed ogni suo membro- deve avere il diritto di accesso all’acqua, e in particolare, all’acqua potabile, nella quantità e qualità necessarie e indispensabili alla vita e alle attività economiche. Non ci può essere produzione di ricchezza senza accesso all’acqua. L’acqua non è paragonabile a nessuna altra risorsa: non può essere oggetto di scambio commerciale di tipo lucrativo.

Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile, individuale e collettivo.

L’acqua appartiene più all’economia dei beni comuni e della distribuzione della ricchezza che all’economia privata dell’accumulazione individuale ed altre forme di espropriazione della ricchezza. Mentre nel passato la condivisione dell’acqua è stata spesso una delle maggiori cause delle ineguaglianze sociali, la civilizzazione di oggi riconosce l’accesso all’acqua come un diritto fondamentale, inalienabile, individuale e collettivo. Il diritto all’acqua è una parte dell’etica di base di una buona società e di una buona economia. E’ compito della società, nel suo complesso e ai diversi livelli di organizzazione sociale, garantire il diritto di accesso, secondo il doppio principio di corresponsabilità e sussidarietà, senza discriminazioni di razza, sesso, religione, reddito o classe sociale.

L’acqua deve contribuire al rafforzamento della solidarietà fra i popoli, le comunità, i paesi, i generi, le generazioni.

Le risorse d’acqua sono distribuite in modo ineguale. Anche i redditi lo sono. Questo non significa che deve esserci anche ineguaglianza nell’accesso all’acqua fra le persone, le comunità e le regioni. Inoltre, l’ineguaglianza nella distribuzione dell’acqua e della ricchezza finanziaria non significa che le persone ricche d’acqua e ricche economicamente possano farne l’uso che vogliono, anche venderla (o comprarla) all’esterno per derivarne il massimo profitto (o piacere). In numerose regioni del mondo l’acqua rimane una fonte di ineguaglianze fra uomini e donne, in quanto queste ultime portano tutto il peso dei lavori di casa che dipendono dall’acqua. Queste ineguaglianze devono essere rimosse. Sul nostro pianeta ci sono ancora troppe guerre legate all’acqua perché molti stati continuano a usare l’acqua come strumento a supporto dei loro interessi strategici di tipo-geo-economico, al fine di acquisire un potere egemonico sulla regione circostante. E’ necessario e possibile liberare l’acqua dall’influenza degli stati orientati egemonicamente. L’acqua è “res publica”.L’accesso all’acqua necessariamente avviene tramite partnerschip.

E’ ora di andare oltre la logica dei “signori della guerra” e dei conflitti economici per il dominio e la conquista dei mercati.

La cittadinanza e la democrazia si basano sulla cooperazione e il rispetto reciproco. Una “partnership” per l’acqua è il principio ispiratore che sta dietro a tutti i progetti (esempio”il contratto di fiume”) che ha permesso la risoluzione di conflitti che in certe regioni del mondo hanno tradizionalmente avvelenato le relazioni fra paesi appartenenti allo stesso bacino idrografico. Noi sosteniamo una vera partnership pubblica/privata a livello locale/nazionale/mondiale. Una gestione dell’acqua sostenibile nell’interesse generale non solo può, ma deve essere fondata sul rispetto delle diversità culturali e sul pluralismo socio-economico. Una partnerschip prevalentemente sottomessa, come accade attualmente, alla logica e agli interessi degli attori privati in continua competizione reciproca per conquistare il mercato non può che danneggiare l’obiettivo di assicurare l’accesso all’acqua conformemente alle regole di una “sostenibilità” globale integrata.

Crediamo che la responsabilità finanziaria per l’acqua debba essere collettiva e individuale secondo i principi di responsabilità e di utilità.

Assicurare l’accesso all’acqua per i bisogni vitali e fondamentali di ogni persona e di ogni comunità umana è un obbligo per l’intera società. E’ la società che deve assumere collettivamente i costi relativi alla raccolta, produzione, deposito, distribuzione, uso, conservazione e riciclo dell’acqua,in vista della fornitura e della garanzia di accesso all’acqua nella quantità e nella qualità minime indispensabili. I costi (inclusi gli effetti esterni negativi che non sono considerati nei prezzi di mercato) sono costi sociali comuni che devono essere sostenuti dall’intera collettività. Questo principio assume un valore ancor più rilevante e significativo a livello di un paese, del continente e della società mondiale. Il finanziamento deve essere assicurato mediante una ridistribuzione collettiva. I meccanismi di fissazione dei prezzi individuali, secondo un sistema di progressività, intervengono a partire da un livello di utilizzazione dell’acqua oltre il minimo vitale indispensabile. Oltre questo minimo vitale, è infatti corretto che i prezzi siano in funzione della quantità usata.Vi è però un limite all’uso: ogni eccesso deve essere considerato illegale. Non è perché uno può permettersi di pagare prezzi elevati che ha diritto ad utilizzare l’acqua in quantità illimitata ed irragionevole.

L’acqua è “l’affare” dei Cittadini.

Creare le condizioni necessarie per assicurare l’accesso all’acqua, effettivo e sostenibile, è un problema che concerne tutti i membri della società. E’ anche un tema inter-generazionale. E’ compito infatti delle generazioni attuali di usare, valorizzare, proteggere e conservare le risorse d’acqua in modo tale che le generazioni future possano godere della stessa libertà d’azione e di scelta che per noi stessi oggi auspichiamo. I cittadini devono essere al centro del processo decisionale. La gestione dell’acqua integrata e sostenibile appartiene alla sfera della democrazia. Non è l’affare delle competenze e del know-how dei tecnici, degli ingegneri, dei banchieri. Gli utenti possono e devono giocare un ruolo chiave mediante scelte e modi di vita più ragionevoli, equi e responsabili necessari per assicurare la sostenibilità ambientale , economica e sociale. La politica dell’acqua implica un alto grado di democrazia a livello locale, nazionale, continentale e mondiale. Per definizione l’acqua richiede una gestione decentralizzata e trasparente. Le istituzioni esistenti di democrazia rappresentativa devono essere rafforzate. Nuove forme di governo democratico devono essere create. La democrazia partecipativa è inevitabile. Questo è possibile, con o senza le nuove tecnologie informatiche e comunicative, a livello di comunità locali, città, bacini, regioni. Nuove e coerenti cornici regolative a livello internazionale e globale devono essere disegnate e attuate accrescendo la visibilità di una politica dell’acqua sostenibile a livello globale, ad opera della comunità globale. I parlamenti sono il luogo e gli attori naturali a questo riguardo. Questo è il motivo per cui crediamo che sia urgente ed essenziale (ri)valorizzare le pratiche tradizionali locali di gestione dell’acqua. Un’importante eredità di conoscenze, competenze e pratiche delle comunità, molto efficienti e sostenibili, è stata dilapidata e si è persa. C’è il rischio che venga ulteriormente distrutta negli anni futuri.

Correva l’anno

Avviso importante

Oggi 24 febbraio 2002, giornata di apertura della pesca alla trota, sono state immesse da ignoti sostanze venefiche potentissime nel fiume picentino all’altezza del laghetto Virginia in località Tarantiello. A seguito di tale gesto vandalico sono morte avvelenate diverse centinaia di trote di ogni misura presenti nel fiume dalla suddetta località fino a Murate, per circa due chilometri. Premesso che è stato subito applicato il divieto di pesca in tale zona, con il presente avviso informiamo la cittadinanza di non mangiare assolutamente le trote avvelenate perché possono rappresentare un pericolo per coloro che dovessero consumarle, principalmente per i bambini. Circolo Picentino Per saperne di più Il manifesto dell’acqua. Il diritto alla vita per tutti. Edizioni gruppo Abele, 2001. Altamore G.,Acqua SpA. Dall’oro nero all’oro blu, Mondadori, 2006. Declaraciòn de Cochamamba da selvas.org “Qualcuno vuol darcela a bere” di Giuseppe Altamore Vandana Shiva “Le guerre dell’acqua” Ed.Feltrinelli Oro blu.

La battaglia contro il furto mondiale dell’acqua.Mande Barlow e Tony Clarke Ed.Arianna

Siti interessanti sull’acqua: www.amicidelmondo.it www.volint.it www.disinformazione.it www.villaggiodeipopoli.org www.sgrtv.it (Scuola di Giornalismo Radio Televisivo di Perugia)

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